Apprendiamo da Repubblica che Walter Veltroni chiederà un congresso straordinario del Pd, a meno che non si vada subito alle elezioni. E già questo è un curioso modo di fare: non poteva aspettare un momento, prendersi il tempo necessario per capire come andranno le cose e fare a ragion veduta la sua scelta, e poi comunicarcela chiaramente, senza tanti giri di parole?
Il modo in cui questa posizione è argomentata dai suoi sostenitori è però ancor più curioso. Walter Verini dice che è ormai finita la stagione del “partito di sinistra che si allea al centro”. Stefano Ceccanti sostiene che “i nodi riemergono tutti, perché siamo finiti spostati a sinistra per fare un accordo con Casini che non lo vuole, e pensa piuttosto al dialogo nel centrodestra”. Giorgio Tonini spiega però che non va bene nemmeno Nichi Vendola, che ormai “appare sempre più in continuità con il bertinottismo” (e chi l’avrebbe mai detto).
Dunque, riassumendo, la strategia dell’alleanza con Pier Ferdinando Casini sarebbe fallita, perché ormai sarebbe addirittura scontato che l’Udc finisca con il centrodestra (Silvio Berlusconi vi manda i suoi saluti e vi ringrazia sentitamente). Ma se questo progetto di dialogo con il centro i veltroniani lo hanno sempre contestato, per questa loro curiosa convinzione che avrebbe spostato il Pd a sinistra, invece che al centro, ancor meno è da loro apprezzata l’idea del “cartello delle sinistre”, perché sarebbe la prova provata di quello spostamento a sinistra che segnerebbe la fine del Pd, trasformato nell’ennesima operazione di maquillage postcomunista.
Qui però si potrebbe obiettare: scusate, ma se il dialogo con il centro sposta il Pd a sinistra, per quale ragione il dialogo con la sinistra non lo sposta al centro? Come si può usare lo stesso argomento, lo slittamento a sinistra, sia che si vada in una direzione, sia che si vada nella direzione opposta? A questo discorso fa eccezione, va detto, Beppe Fioroni, fino a ieri convinto anche lui che un’alleanza con l’Udc avrebbe segnato la fine del Pd, ma oggi ancor più fermamente convinto del contrario, e cioè che a segnare la fine del Pd sarebbe non l’alleanza, bensì la mancata alleanza con l’Udc. E va bene: in ogni corrente appena nata è naturale che emerga qualche piccola divergenza su questioni di dettaglio e non è il caso di farla troppo lunga su questo punto, se la vedranno tra di loro al Lingotto.
Teniamoci dunque ai veltroniani propriamente detti. Ebbene, onorevoli deputati e senatori illustrissimi, che cosa volete? Lo domandiamo senza spirito polemico e ad esclusivo beneficio del lettore, perché, in tutta onestà, non si è capito. Scartata l’alleanza con il terzo polo ed escluso il cartello delle sinistre, si potrebbe pensare che la soluzione sia un’alleanza da Nichi Vendola all’Udc, ma questa opzione è quella che più di ogni altra fa inorridire Veltroni e i veltroniani tutti. “L’idea di un cartello di tutte le opposizioni – sentenzia Tonini – è una non-strategia”.
Insomma, chi ci capisce qualcosa è bravo. Noi proprio non ci raccapezziamo. A meno che davvero Veltroni e gli altri dirigenti del neonato Movimento democratico, dopo aver ripetuto per mesi che il Pd sarebbe oggi al minimo storico, non vogliano adesso sostenere che ciò nonostante alle prossime elezioni il Pd dovrebbe presentarsi da solo, esponendosi pure a una lotta fratricida con tutte le altre liste di centrosinistra e di opposizione. Ma questa è un’ipotesi che non vogliamo nemmeno prendere in considerazione. Suvvia, nemmeno Berlusconi, nemmeno nei suoi sogni più selvaggi, nemmeno davanti al classico genio della lampada, oserebbe chiedere tanto. Del resto, la lezione delle elezioni del 2008, che hanno consegnato al centrodestra la più grande maggioranza di sempre, con nove-dicasi-nove punti di distacco dal mini polo Pd-Idv, avrà pur insegnato qualcosa. O no?