Lettera – Primarie (e partiti) a la carte

Cara Left Wing,
sono un elettore milanese del centrosinistra. Volendo essere più preciso posso sostituire “Partito democratico” a “centrosinistra”, ma non vorrei che questa ti apparisse come l’espressione della vocazione maggioritaria che ci è stata tanto familiare in passato.
Comunque.

Cara Left Wing, dicevo: nello stesso giorno in cui il consigliere regionale Civati, con il tempismo che lo contraddistingue, annuncia che nel 2013 si candiderà al ruolo di segretario del Pd, apprendo sia la data delle prossime elezioni regionali lombarde sia il fatto che nella mia regione la coalizione nella quale mi riconosco (benché talvolta mi senta un po’ come il bambino nella sala degli specchi deformanti) dovrebbe organizzare delle primarie per la scelta del candidato a presidente della regione medesima. E fin qui, niente di strano. E’ che il signore al quale tutti – o quantomeno molti – si rivolgono supplici, facendolo apparire come la sola risorsa credibile per pensionare il Celeste Formigoni, dice che queste primarie sì, si devono fare, ma devono essere diverse da quelle che nel resto del paese la coalizione stessa ha organizzato per scegliere il futuro candidato alla sua guida: diverse al punto da toglier loro persino il nome, in quanto dovrebbero essere definite “forme di partecipazione popolare dell’elettorato lombardo”.

Se ben capisco, nell’arco di un paio di mesi da queste parti ci potremmo trovare nella bizzarra situazione di scegliere il nostro leader nazionale in un modo e quello locale (per così dire) in un altro, piuttosto diverso. Non solo: a livello nazionale sceglieremo tra cinque candidati che, in un modo o nell’altro, sono espressione di quelle strutture chiamate partiti (tu però, per carità, non dirlo a Matteo Renzi: altrimenti rischiamo di ripartire da capo e insomma, avremmo anche una vita che non coincide con quella, faticosa, del simpatizzante o militante del centrosinistra) ma a livello regionale dovremmo farlo partendo dalla premessa che i partiti – tutti – sono cose brutte, sporche e cattive (sii cortese, accetta la mia traduzione: l’avvocato Ambrosoli, per personalità e mestiere, è molto meno diretto). Permettimi di non continuare, credo che ci siamo già capiti.

Cara Left Wing, oggi si conclude il congresso del Partito comunista cinese: non ne senti una specie di lontana ma non per questo meno pressante nostalgia?
Con stima,
Sergio Pilu

Premesso che l’occasione di una vittoria democratica in Lombardia è un’occasione storica, che la candidatura di Ambrosoli è quella che ha più probabilità di cogliere tale occasione e che per questo obiettivo siamo pronti a celebrare le primarie, a modificarle ad hoc e ad abolirle tout court – tutto ciò premesso, sottolineato e ribadito – la nostra più grande nostalgia, se proprio lo vuole sapere, è per un tempo in cui erano i partiti a scegliersi i candidati, e non i candidati a scegliersi i partiti. Se dunque la scelta di Ambrosoli dovesse coincidere con un certo ridimensionamento del ruolo catartico del gazebo, non la considereremmo come una buona notizia, ma come due buone notizie.