Lo scorso 3 ottobre, a Bruxelles, alcuni parlamentari europei del Gruppo Spinelli, tra cui Roberto Gualtieri, hanno presentato una dettagliata proposta di riforma degli attuali trattati costitutivi dell’Unione europea, con l’obiettivo di mettere a disposizione delle istituzioni nazionali e comunitarie il testo completo di una nuova Legge Fondamentale (The Spinelli Group, Bertelmann Stiftung, A fundamental law of the European Union, Gütersloh, Verlag Bertelmann Stiftung, 2013, 309 pp.). Il nome stesso del progetto serve ad avvertire i destinatari dell’iniziativa che l’asticella è stata posta piuttosto in alto: senza prescindere da un’attenta analisi della realtà, gli estensori del progetto non rinunciano, infatti, a rendere esplicite le proprie ambizioni federaliste. È impossibile, infatti, non cogliere dietro il riferimento ad una “Legge Fondamentale”, il riaffacciarsi del tema di una costituzione europea, che viene evocata, senza essere nominata, strizzando l’occhio ai costituenti tedeschi del 1949.
Anche i più appariscenti caratteri formali ricordano gli obiettivi del precedente tentativo costituente. Si tratta di un testo unitario, che supera sia il dualismo tra il Trattato sull’Unione europea e il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea sia la separazione tra Unione e Euratom, che incorpora la Carta dei diritti, che opera una decisa riduzione dei protocolli e delle dichiarazioni annessi agli attuali Trattati. Rispuntano persino l’inno e la bandiera, quasi a voler recuperare uno ad uno i simboli ammainati dopo i referendum del 2005. Nella premessa al progetto si afferma che l’obiettivo è quello di costruire “una struttura maggiormente federale”, il che non significa “un super-stato centralizzato, ma piuttosto un’unione costituzionale nella quale livelli differenti di governo democratico sono coordinati”. Gli estensori del progetto sembrano muoversi con grande saggezza in questo senso, rifiutando le nozioni puramente dogmatiche di “sovranità” e “stato federale”, e invece valorizzando e completando gli elementi di tali nozioni che sono già presenti nell’ordinamento dell’Unione europea. Il materiale stesso sulla base del quale il progetto è plasmato è costituito in gran parte dalle disposizioni dei trattati attualmente in vigore, valorizzando in tal modo il recupero dei lavori della Convenzione già avvenuto in sede di negoziazione del Trattato di Lisbona.
L’obiettivo primario è riorganizzare l’intera architettura dell’Unione in forma coerente intorno al metodo comunitario. In un certo senso, infatti, l’evoluzione dell’integrazione europea a partire dal Trattato di Maastricht ha visto corrispondere all’ampliamento e approfondimento delle competenze dell’Unione l’affievolimento del metodo comunitario, dalla fondazione dell’Unione negli anni 90, con l’aggiunta di “pilastri” intergovernativi, all’allargamento geografico degli anni 2000, con il proliferare degli opt-out e l’istituzionalizzazione del “metodo aperto di coordinamento”, fino alla difficoltà di un’efficiente gestione della crisi a livello europeo degli ultimi anni, con l’imporsi di un “nuovo metodo dell’Unione”. Il progetto del Gruppo Spinelli si propone di correggere tale rotta, riportando a un disegno unitario la mappa ormai sempre più frastagliata delle forme di cooperazione che orbitano intorno alle istituzioni europee. I procedimenti decisionali vengono perciò razionalizzati, riducendo in numero e in genere le eccezioni all’uso della procedura legislativa ordinaria, che coinvolge il Parlamento e il Consiglio come i due rami di uno stesso organismo legislativo, mentre la stessa divisione dei poteri tra le istituzioni viene accentuata, con la riduzione dei poteri di indirizzo politico del Consiglio e del Consiglio europeo, e l’investitura della Commissione come Governo dell’Unione. Parallelamente, la forma di governo viene “parlamentarizzata”, con la rivalutazione in senso “fiduciario” degli attuali poteri del Parlamento nei confronti della Commissione stessa.
Nello stesso solco si inserisce la riduzione di passerelle, eccezioni, clausole di salvaguardia, diritti di veto e opt-out: un intervento quanto mai opportuno, in quanto le regole attuali hanno ormai condotto a una situazione di instabilità e incertezza nei procedimenti di adozione delle decisioni, nonché a una vera a propria frammentazione geografica dell’applicazione del diritto dell’Unione. La revisione della clausola di flessibilità e la modifica della procedura di revisione dei Trattati, infine, si muovono compiutamente in un’ottica federale, ma sollevano spinose questioni giuridiche e politiche che sembrano in parte sottovalutate. Per quanto riguarda le politiche dell’Unione, le modifiche più rilevanti sono ovviamente quelle riguardanti il governo dell’Unione economica e monetaria. L’esperienza della crisi ha condotto gli estensori del progetto ad ampliare significativamente i poteri di intervento dell’Unione, che viene finalmente investita del compito di “sviluppare una politica economica comune”, e non più soltanto di “coordinare le politiche economiche nazionali”. L’eurozona continua a operare sulla base di una cooperazione rafforzata, e viene investita di una capacità fiscale autonoma.
Sebbene il progetto del Gruppo Spinelli sia il risultato del lavoro di una commissione bipartisan, esso rappresenta certamente una visione di parte delle prospettive dell’integrazione europea. Una visione la cui consistenza politica sarà in parte misurata alle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, e ancora di più lo sarà quando si aprirà il dibattito sull’eventuale rinegoziazione dei Trattati. L’ultima parola spetta, insomma, alla politica: se è apprezzabile lo slancio con cui si è deciso di rilanciare, pur in un momento difficile per i federalisti europei, a poco servirà questo coraggio senza un impegno in termini sia di pensiero che di struttura per costruire un’alleanza sociale in vista della realizzazione di tali ambiziosi obiettivi.