Qualche giorno fa è comparso su Repubblica un articolo di Adriano Prosperi dal titolo minaccioso: “In Italia i roghi di libri si fanno senza fiamme”. L’articolo attaccava frontalmente il progetto museale e bibliotecario del Sant’Agostino a Modena, a partire da un incipit non delicatissimo, come il paragone tra i roghi dei libri organizzati dai nazisti nel ’33 e il progetto della nuova Biblioteca Estense a Modena.
Sono cresciuta leggendo editoriali e interviste di professori, intellettuali ed esimi studiosi che si lamentavano, a ragione, perché in Italia non si investe sulla cultura. Poi ho assistito a fatti strani. Ogni volta che si tentava di avviare un progetto culturale, un museo, un restauro, comparivano altrettanti professori, intellettuali ed esimi studiosi che si lamentavano perché quei progetti o non erano abbastanza o erano troppo, comunque li demolivano, a dispetto degli enormi sforzi che spesso amministrazioni e comunità locali avevano dovuto mettere in campo per realizzarli. Qualche settimana dopo che il polverone era svanito così come si era alzato, nel peggiore dei casi il progetto naufragava, nel migliore andava avanti, ma con la lettera scarlatta dell’infamia.
Conosco tanti e tanti ragazzi e ragazze, uomini e donne che dopo aver fatto percorsi di studio e master universitari nel campo della cultura non trovano lavoro, o lo trovano in qualche cooperativa sociale dove vengono sottopagati e in cui tutti i loro studi e conoscenze vengono sacrificate al Dio della flessibilità. Magari alcuni hanno anche fatto la tesi con gli stessi professori che con i loro autorevoli interventi pongono pietre tombali sulle nuove proposte, o hanno seguito i loro corsi. Molti di quei ragazzi aspettano con ansia un nuovo progetto, un nuovo museo, un nuovo archivio o una nuova biblioteca per provare a realizzarsi facendo ciò per cui hanno studiato. Forse quei progetti non andranno in porto, forse sì. Sicuramente ogni volta che si decide su un quotidiano nazionale di demolire un progetto la loro prospettiva sul futuro non migliora.
Nonostante quello che è stato scritto su Repubblica, il palazzo dei Musei di Modena e la sua Biblioteca hanno subito gravi danni dal terremoto del 2012. Si sono aperte crepe enormi che hanno evidenziato anni e anni di restauri a rattoppo, e oggi migliaia di volumi sono ad ammuffire nei magazzini perché le mura della biblioteca, letteralmente, non li reggerebbero sugli scaffali. Il progetto del Sant’Agostino, di Gae Aulenti (non esattamente una novellina) potrebbe rendere fruibili quelle opere e quei volumi, renderli di nuovo vivi, e dare una speranza di lavoro a tante persone che aspettano da anni la realizzazione di quel progetto, dare una nuova prospettiva turistica alla città, usare la cultura per creare lavoro.
Non sta a me discutere l’efficacia del progetto, ma ho deciso di credere a chi dopo anni e anni di studi, di verifiche e di modifiche ha messo la sua firma, convinto che quella progetto porterà lustro alla nostra città. È evidente che tutto questo non interessa, altrimenti le critiche al progetto sarebbero stato quantomeno puntuali. Forse è per questo che in Italia non abbiamo il Louvre, perché ogni volta che si prova a fare qualcosa di nuovo si crea una polemica giornalistica che manda tutto alla malora, perchè ognuno pensa al proprio circolo intellettuale o al proprio percorso accademico che gli impone di essere in contrasto perenne con chi non la pensa come lui e mai a soluzioni alternative ed efficaci.
Mi piacerebbe vivere in un paese in cui anziani e rinomati professori evitassero di fare prediche sulla mancanza di investimenti culturali e il giorno dopo per motivi accademici interni passassero il pomeriggio a demolire quei pochi progetti che ci sono. Forse il cambiamento culturale che ci dovrebbe imporre di investire dalla cultura dovrebbe partire proprio da qui.
Lo so, sono un idealista.
P.S. A Modena più che bruciare libri li leggiamo, i dati sull’affluenza nelle biblioteche comunali sono online.
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Giuditta Pini è parlamentare del Partito democratico