Che l’accordo sul nucleare iraniano fosse a portata di mano era chiaro dal costante procrastinare la data della scadenza ultima dei negoziati. Troppi elementi spingevano verso il compromesso infine raggiunto. Due leadership, quella statunitense e quella iraniana, inclini come mai prima di oggi a fare delle concessioni significative e mosse dalla comune convinzione che l’assenza di dialogo fosse la reliquia di un passato in larga parte superato. Un contesto di negoziato multilaterale nel quale tutti i mediatori – con la parziale eccezione della Francia – spingevano per l’accordo in nome di una lotta alla proliferazione nucleare che è tornata al centro delle relazioni internazionali correnti. Un quadro geopolitico radicalmente mutato, nel quale il pericolo iraniano – reale, presunto o esagerato esso fosse – risultava vieppiù subordinato ad altre minacce e sfide… continua a leggere
(Il Messaggero)