Uno dei temi fondamentali del congresso del Pd dovrebbe essere quella che un tempo si chiamava la «forma partito». Nel merito, a leggere i primi documenti depositati dalle diverse mozioni, mi sembra che il dibattito sia ancora fermo alla disputa tra partito solido e partito liquido. Andrea Orlando ha proposto il modello Ulivo 1996, cioè 13 partiti coalizzati, con un Pds al 21 per cento. Il modello di Michele Emiliano mi pare invece il 1992: magistrati che prima di prestarsi alla politica, per ripulirla dai cattivi, fanno piazza pulita di interi partiti. Lasciando in giro parecchi cattivi e pochissima politica.
Matteo Renzi ha deciso di aprire la sua campagna congressuale al Lingotto, puntando quindi sul Pd delle origini. Credo però che rispetto al Pd del 2007 la nostra missione debba essere superare subito la discussione su partito solido o partito liquido. A partire dal 2011 il Pd ha dovuto ripensare radicalmente se stesso: un partito senza finanziamento pubblico, sempre più dipendente economicamente dagli eletti, in cui la competizione interna si basa sulle preferenze. È evidente che occorre aprire una discussione libera e spregiudicata, per capire cosa in questi anni ha funzionato e cosa no, quale idea di partito intendiamo promuovere, quale idea del rapporto tra partiti e istituzioni, tra partiti e forze economiche, tra partito e amministrazioni locali.
In questi anni si sono sviluppate per tutto il territorio nazionale nuove forme di partecipazione alla vita del partito, da Bella Ciao Milano alla mappatura dei circoli di Parma e Torino, dal Progetto L’Aquila alla Factory 365: nuovi modi di stare nel partito che vanno al di là delle mozioni congressuali e che disegnano un partito che sa già come stare nel territorio e ha bisogno solo di trovare forme di coordinamento. Queste esperienze sono state in grado di superare la divisione tra tesserati ed elettori, militanti o simpatizzanti, riunendo le persone attorno a progetti specifici, superando a volte anche le divisioni territoriali, riuscendo a parlare di politica.
Con lo stesso spirito è possibile lavorare per coinvolgere nelle nostre discussioni e nelle nostre scelte le tante persone che partecipano alle primarie; mettere in rete le amministrazioni guidate dal Pd e dare così agli amministratori la possibilità di confrontarsi, non solo durante le grandi kermesse, ma quotidianamente; attivare una formazione permanente che consenta ai giovani segretari di circolo di non sentirsi lasciati soli il giorno dopo il congresso. In tante parti d’Italia gran parte di queste idee sono già realtà. Discutiamone insieme al Lingotto e gettiamo così le basi per un Pd che punti a essere davvero ciò per cui è nato: un partito che impara dal suo passato, ma guarda ostinatamente al futuro.