La risposta militare di Donald Trump all’uso delle armi chimiche da parte del regime di Bashir al-Assad ha dato uno strattone robusto all’opinione pubblica internazionale. Inorridita per l’uso del gas da parte del dittatore siriano, ma forse non altrettanto convinta delle buone ragioni dell’intervento americano: non bisognava attendere un pronunciamento formale delle Nazioni Unite? Non bisognava portare la decisione sull’impiego delle armi dinanzi a qualche foro multilaterale? Non doveva esserci l’Unione Europea a fianco dell’America? Accanto a questi dubbi che più o meno ricorrono sempre, tutte le volte che si dimostra l’inanità degli organismi sovranazionali, quasi sempre bloccati da veti reciproci e incapaci di intraprendere iniziative autonome, stanno i dubbi sul nuovo Presidente a stelle e strisce: chi è Trump? Non aveva cominciato la sua Presidenza rispolverando tentazioni isolazionistiche? Non era pappa e ciccia con Putin? E com’è possibile allora che scaraventi 59 missili Tomahawk su una base militare del regime siriano, che agisce sotto la protezione della Russia? E qual è, in generale, la strategia americana per il Medio Oriente?… continua a leggere
(Il Mattino)