Ieri sera, ci siamo visti una buona metà del confronto fra Le Pen e Macron e ne abbiamo tratto due annotazioni, una televisiva e l’altra politica. La prima è che la tv francese sa organizzare i confronti meglio delle nostre. In particolare, ci è sembrato di intravedere quel format che la Rai ha mancato di montare per Semprini: il Duello. Certo, non per le due ore che solo le Presidenziali giustificano. Bastava un’ora, con luci di qualità, un giornalista pago di svolgere un servizio anziché passare da guru e, due per volta, con regole ferree quanto basta, il grillino e il piddino, l’immigrato e l’italiota, il globalista e il sovranista, sfidati a dirsele e a darsele senza potersi nascondere dietro la caciara del talk pluralista, il ritardo audio del collegamento, il filmato che c’entra come i cavoli a merenda. Strano che un siffatto formato non sia in onda, neanche da Gruber che è quella che ci va più vicino, ma dove, anche lì, il soggetto convenuto finisce per confrontarsi con “rappresentanti dell’opinione pubblica” (Travaglio, Scanzi, Franco etc, i veri protagonisti della striscia) piuttosto che col portatore a pari livello di opinioni diverse.
Sotto l’aspetto politico il gioco di ieri sera, per noi italiani, consisteva ovviamente nel confrontare i transalpini con i cisalpini. La nostra impressione è che Le Pen, per quanto un po’ comare, si presentasse comunque come l’erede di un profilo storico mai scomparso, l’anti illuminismo nella patria dell’illuminismo; un pieno di qualcosa, anche se quella cosa è detestabile perché contiene nel dna l’antisemitismo, l’idiotismo del villaggio, la grandeur mischiata con la grettezza. Il grido di battaglia di quella Giovanna d’Arco era «no all’anglosassone concorrenza, sì alla gallica protezione». Fascismo 1.0, a dirla in breve. Nell’ideale confronto, Salvini e Di Battista danno invece l’impressione che dietro quel che dicono non ci sia un pensiero lungo, quanto l’idea che la Verità coincida con l’Opinione Corrente, col trendy. Siamo al nichilismo o al tutto fa brodo? Fate voi. Di certo sarebbero degli ottimi giornalisti per un tabloid.
Riguardo a Macron, non è possibile confonderlo con Renzi. Non per i contenuti politici, pressoché identici, ma sotto l’aspetto antropologico. Il francese è aristocratico, nei think tank ci è cresciuto e, per quanto mingherlino, indossa la gravitas del potere. Di certo ad Amici ci sarebbe anche andato, ma non esternando il giubbetto chiodo. Il Nostro invece ha un tratto popolano, esibito nel gergo, è stato plasmato dalla provincia e dai boy scout e dà l’impressione di credere più alla funzionalità che alla sacralità del comandare. A naso, se vuole durare, una spruzzatina di Macron ci starebbe, perché anche la maestà del tratto consolida il contratto con chi ti vota.