Maltese funziona come Montalbano, sulla stessa quantità di pubblico (il 30% del totale) e con lo stesso assortimento di spettatori: lo zoccolo duro, durissimo, sono per entrambi le donne e in particolare le over 45. Gli uomini seguono l’onda casalinga, numerosi anch’essi, specie gli anziani, anche se non ai livelli plebiscitari delle spose e compagne. A voler sottilizzare si può al massimo notare qualche maggiore attenzione maschile a favore delle storie di Maltese, forse perché più curvate verso l’action (nell’ambito del nostro western: la guerra permanente tra gli sceriffi e la mafia). Mentre in Montalbano le azioni sono sporadiche e sovrastate semmai dalle intuizioni e intenzioni poliziesche in salsa di commedia all’italiana, ascendente Germi.
Certo, la chiave ironica di Montalbano si addice maggiormente, a quanto sembra, all’iper e ristretta élite (i cosiddetti Protagonisti) che stanno perennemente col naso per aria ad annusare sottigliezze e colpi di genio e che un po’ snobbano la storia cinismo free di Maltese. Ma in qualunque altro settore è tutta una conferma: chi ama una M ama anche l’altra, indipendentemente dal titolo di studio, dal domicilio o dalla dotazione di altre offerte e tentazioni on demand.
Per la fabbrica della fiction Rai si tratta ovviamente di un trionfo, tanto più che il caso non è isolato e che, storia dopo storia, gli ascolti di prima serata si sono accumulati fino a determinare una specie di terremoto nelle gerarchie dei broadcaster tra il pubblico italiano. La Rai, tra le 21.30 e le 23.30 dei giorni compresi tra l’inizio d’anno e il 9 maggio, segnava il 36,7% nel 2015: da allora è salita con una accelerazione progressiva e quest’anno ha raggiunto il 39,8%. Essenzialmente, pensiamo, grazie alla fiction che l’ha resa immune dalle alterne vicende degli altri generi, a partire dal talk show, dai talent e dal reality. I generi che nel 2015 e 2016 avevano tenuto in quota Mediaset e La7 e che ora, di fronte alla nuova concorrenza di TV8 e di Nove, basata proprio su quel tipo di programmi, le costringe a un netto ridimensionamento: dal 36% al 31% la prima, dal 4,2% al 3,1% la seconda.
Sembrerebbe un risultato tale da mettere al riparo qualsiasi vertice dell’azienda pubblica. Senonché la Rai è un’azienda in una condizione particolare, che più che di exploit ha bisogno di conquistare una strategia; che il problema ce l’ha nella propria architettura – a partire dall’informazione – piuttosto che nella capacità di cavarsela col prodotto. E qui, Concessione e Contratto di servizio permettendo e aiutando, non potrà affidarsi ai suoi commissari e il bandolo della propria matassa dovrà trovarselo da sola.