Dal mese di luglio i dati di auditel provengono dal nuovo “superpanel”. A quanto abbiamo capito è stato più che raddoppiato il numero delle famiglie dotate del meter segna-ascolti. E così quei flussi di numeri, che orientano le menti e i flussi di reddito dei professionisti della comunicazione, ora ci raccontano delle scelte di circa quarantamila individui (contro i “soli” quindicimila di prima) in carne e ossa che rappresentano, televisivamente parlando, l’Italia intera. Immaginiamo che questo campione divenuto più fitto sia ora capace di stendersi più fedelmente sulla cosiddetta coda lunga, e cioè su quei canali e programmi che contano su pubblici magari affezionati, ma troppo piccoli per essere percepiti da campioni statistici di più modesta dimensione. Con quali conseguenze?
Si tratterà, essenzialmente, di verificare se e in quale misura l’emergere di questi pubblici “minori” distoglierà gli investimenti pubblicitari dalla loro naturale propensione a cercare i grandissimi numeri premiando implacabilmente i broadcaster più grandi, quelli “generalisti”, che si rivolgono a tutti e a nessuno. Avremo la rivincita del distinto rispetto all’indistinto? Della qualità rispetto al numero? Molti lo sperano, pochi ci credono. Non ci resta che attendere. Nel frattempo, i dati del vecchio campione li abbiamo per il 2017 e bastano a testimoniare la tenuta della vecchia televisione, quella di Rai e Mediaset. Un ridimensionamento c’è, senza dubbio: nel 2012 la coppia del duopolio attirava il 75% degli spettatori, mentre nel 2016 resta di un pelo sotto il 70%. Ma sono minuzie che non intaccano l’idea che se devi farti pubblicità sei obbligato ad affidarti a quei due pseudo rivali dandogli i tuoi soldi in cambio di spot, telepromozioni e quant’altro.
Siamo, in sostanza, al circolo che si perpetua: il duopolio (che altro non è se non un meccanismo per requisire la tv generalista) che aggrappato alle sue rendite riesce a reggere botta sul “mercato” e a confermare la sua influenza sullo Stato. E potrebbe continuare così per altri quaranta anni, pensiamo, alla faccia del nuovo, più percettivo campione messo in campo da auditel per cogliere segni di vita fuori dal pianeta del generalismo. All’immane forza dello “stamo come stamo” potrebbe del resto contrapporsi solo un potente desiderio di cambiamento. Cosa potrebbe alimentarlo? Ovviamente la voglia dello sviluppo che non c’è e che per esserci dovrebbe rovesciare il sistema come un calzino volgendolo al mercato internazionale per venderci qualcosa anziché per raccattarci di tutto. Prospettiva rispetto alla quale il duopolio opera come un buco nero, di quelli che nel cosmo pare cancellino tempo e spazio. Figuriamoci le riforme!