Fazio, col solito Che tempo che fa, ha raccolto 5 milioni di spettatori la domenica sera su Rai 1. Esattamente un anno fa la stessa offerta su Rai 3 era arrivata a 2,3 milioni. Al salto di dimensione dell’audience ha sicuramente contribuito la rendita di posizione di Rai 1, in quanto canale da cui, per l’ordine di precedenza imposto dalla storia e dalla tastiera del telecomando, molti avviano lo zapping serale. Sicché se quel che trovano al tasto uno appena appena gli aggrada, lì si attardano contribuendo – se fanno parte del campione statistico di Auditel – alla conseguente messe dell’ascolto. A conti fatti, nonostante gli estivi e alti lai per il fatturato della ditta Fazio, il budget della Rai dovrebbe avere tratto sollievo rispetto all’anno passato, quando Rai 1 sosteneva il costo del giochino e si bruciava una replica di Don Matteo mentre, nel contempo, su Rai 3 la spesa per Fazio correva comunque.
Al di là del dato dell’audience e del conto economico, quel che davvero colpisce è la mossa di palinsesto. Fazio, infatti, ha iniziato il programma subito dopo il TG1, togliendo lo spazio all’ennesima mezz’ora del giochetto giornaliero del momento (sarebbe toccato ai “Soliti Ignoti”). Così facendo, Rai 1 ha giocato in contropiede rispetto agli orari degli ultimi decenni, tornando alla prima (di nome e di fatto) serata degli anni ottanta. Lo slittamento ad ora più tarda, fino alle 21.15, iniziò negli anni novanta, con vari pretesti ed esperienze, da Biagi alla “Zingara”, ma sostanzialmente aprendo e garantendo la prosperità della “Striscia” di Antonio Ricci, pilastro del sistema commerciale e d’ascolto di Mediaset. Del resto è ovvio che in tempi di duopolio gli assetti dei palinsesti fossero anziché concorrenti, fortemente complementari.
Ovviamente, se non fossimo davanti a un caso fortuito e gli obblighi di duopolio si fossero effettivamente allentati, alla Rai converrebbe estendere il contropiede al resto della settimana, tornando all’assetto degli anni ottanta. Da un lato per non sembrare una bisca. Tanto più che già “L’Eredità” svolge benissimo il compito di intrattenere il pubblico in attesa del TG1. Ma c’è anche da considerare che, riguadagnando il tempo ceduto a pacchi e derivati, il programma di prima serata (fiction, Conti, o film che sia), potrebbe lasciare spazio alla reinvenzione di una decente seconda serata, destinata agli spettatori veri anziché a quelli malati di insonnia. Del resto, è anche così, piuttosto che moltiplicando i canalini come neanche i pani e i pesci, che la tv pubblica potrebbe rendere più varia l’offerta televisiva di base, per chi non può permettersi le offerte delle tv a pagamento. Servizio pubblico, giusto? O no?