Sul Foglio di ieri Marco Fortis parlava delle revisioni dei dati Istat. Non tutti sanno infatti che gli indici che compaiono periodicamente nei tg sono provvisori e differiscono, poco o molto lo si saprà dopo anni, da quelli “veri”. Problema degli statistici, non fosse che quei dati provvisori, nel mentre che aspettano di essere corretti, orientano le leggi finanziarie, danno fiato alle polemiche fra populisti e popolari, sono pavlovianamente enfatizzati dai mass media, mentre gli elettori votano, i mercati investono, i risparmiatori si spaventano o illudono. E come non sospettare che, mentre noi ci sorbiamo l’incerto dato per certo, i grandi collettori di dati freschi (Google, Amazon, Facebook) la sappiano ben più lunga dell’Istat. E sarebbero dei santi se non se ne avvantaggiassero giocando sui mercati come il più informato degli insider trader, al di sopra della mischia che coinvolge i comuni mortali. Però qualche limitazione del danno sarebbe comunque possibile se i mass media, che stanno al centro del problema, si attrezzassero con lenti più potenti.
Ad esempio, Fortis osserva che le statistiche provvisorie del 2014 parlavano di una recessione ancora in corso, mentre i numeri “veri” comunicati da ultimo (con la minuscola) raccontano che in quell’anno il pil, smesso di affondare, aveva preso a risalire. Ebbene, noi – sì, proprio noi – già lo sapevamo (forse lo avevamo anche scritto) avendo osservato, per così dire in diretta, che nel mese di settembre del 2014 il pubblico serale della tv aveva preso a diminuire (di due punti percentuali) dopo che negli anni precedenti, pur di non spendere, se ne era stato a casa a cibarsi di varietà, telenovelas e catastrofici tg. Dopo d’allora, ma solo da qualche mese tutti parlano di ripresa in corso, la contrazione della platea risparmiatrice è continuata fino a perdere il 6% ormai da due anni. In più, se si va a spacchettare la media generale emerge che mentre l’uomo medio è uscito più spesso di casa, quello più istruito ci sta di più (con una crescita continua mano a mano che si usciva dalla crisi, fino al +33%).
Del resto i più istruiti coincidono – previlegi di ceto – con i più pasciuti, i primi a dotarsi di parabole e offerte on demand, che se la godono fra Champions, Trono di spade e Gomorra, stando in casa per spendere e non per risparmiare. Mentre i più giovani sono diminuiti del 16%, e cioè più di tutti gli altri, ma non perché siano tutti più ricchi: solo perché nessuno a quell’età potrebbe staccarli, altro che tv, dai loro smartphone.
Visto? Un’altra realtà è narrabile, a razzolare (l’Auditel è solo un esempio) nel posto giusto. E magari la prossima volta qualche direttore di tg, prima di ri-sparare quel che passa il convento dell’Istat o della mitica Cgia di Mestre, potrebbe essersi perfino dotato di idee in proprio.