Lo scollamento fra il sistema politico e il Paese sta tutto in un numero, che campeggiava ieri sulla prima pagina del Corriere della Sera, in cima all’editoriale di Galli della Loggia. Il 58% degli italiani non si riconosce nei partiti che hanno governato il Paese durante tutto il corso della seconda Repubblica, di destra o di sinistra che fossero. Ora, quel numero è falso. O perlomeno: è frutto di una somma, di per sé discutibile, fra il tasso di affluenza previsto (non si sa da chi) alle elezioni politiche del prossimo anno, e le dimensioni del voto per i Cinquestelle (la cui stima viene affidata ai sondaggi, abbondantemente arrotondati per eccesso). Ci sono, in vero, modi intellettualmente molto più limpidi di schierare un giornale. Ma non è ovviamente dei numeri e delle percentuali che vale la pena discutere, quanto piuttosto del ragionamento in cui vengono inseriti. Che è grosso modo il seguente: metà del Paese non ne può più di una classe dirigente sempre uguale a se stessa; il Movimento Cinquestelle non è un movimento eversivo, perché non usa le armi; dunque non c’è motivo – oppure: la classe politica italiana non offre alcun motivo – per non votare i Cinquestelle… continua a leggere
(Il Mattino)