Internet è tecnologicamente trasparente, tant’è che permette di conoscere chi (se persona fisica) o cosa (se robot) muove le tastiere. Ma per strappare le maschere servono fior di mezzi e di capacità che solo Stati e Grandi Imprese possono permettersi. Mentre nulla può la gente come noi, che si affaccia sui social per scorrere le time line e infilarci di tanto in tanto commenti politici, ricette, foto di gatti e di figlioli. Così a noi non resta che sorbire quel che passa il convento, anche se sospettiamo che la sbobba propinata dagli utenti mascherati sia adulterata. Di questo ci stavamo costernando su twitter in quanto @sbalassone, quando Ennio de Bernardis, @debe, ci ha richiamati alla realtà ricordandoci che «esistono situazioni in cui esprimersi può essere rischioso» e dunque, pur di non tacere, è bene nascondersi, perché quell’anonimato discende dalla «prudenza», nota fra le virtù cardinali. Senonché, quando c’è di mezzo la comunicazione, come fai a distinguere la prudenza dalla vigliaccheria?
Un rimedio non c’è. E allora, non volendo passare per moralisti, né intendendo penalizzare il bisogno di sfogarsi senza metterci la faccia, eravamo arrivati a fantasticare che Facebook e Twitter, che possono riuscirci, dovrebbero marcare (ad esempio con uno specifico colore) i tweet, post e commenti di fonti mascherate o finte. Tanto per facilitare chi vuole trascurarli. Una soluzione tollerante, quanto riformista, ci pareva. Ma qui è sopraggiunto, a gettare la social-spada sul piatto, l’utente mascherato dall’account @stO_cAzzO, che affermato il diritto all’anonimato, proclama: «Le idee, se valide, non hanno (quasi mai) bisogno di una faccia, ed un nome autentici». Ma è proprio qui che casca l’asino!
Domandiamo: i grappoli concettuali che definiamo idee hanno un qualche significato senza sapere chi, come, dove, quando e perché li ha messi insieme? L’«Oriente rosso» annunciato da Mao suona come quello del bagnino. E se entrambi si mascherano, come faccio a sapere se devo imbracciare il fucile o calzare le infradito? Sicché quel che è più facile che accada è che mi rimetta al senso autoreferente che per mia storia e cultura in me e per me si associa a quella espressione verbale. Col risultato che l’anonimo non mi avrà comunicato alcunché, ma avrà solo fatto da specchio al Narciso che sono. E il social network anziché mare diviene vasca da bagno, dove l’acqua non si rinnova.