I primi cento giorni sono considerati convenzionalmente il tempo necessario per valutare un governo. Nel caso del governo Conte c’è molto poco, ma si è diffusa la sensazione che l’esecutivo grillo-leghista sia in uno stato di grazia, in corrispondenza emotiva con la maggioranza degli italiani. E non importa se è uno stato di grazia al contrario, fosco e asfissiante, che lo porta a rivendicare come successi diplomatici accordi con la parte più reazionaria e illiberale d’Europa, Visegrad (solo il nome dovrebbe spaventarci anche senza avere letto il Signore degli Anelli).
Ci sentiamo investiti da una sensazione di impotenza, come se tutto l’armamentario che avevamo imparato a conoscere e con cui giudicavamo la politica fosse improvvisamente diventato inefficace. La sensazione di avere un manuale di istruzioni scaduto, scritto per un mondo che non esiste più, è opprimente, e oggi è accompagnata dall’ansia di perdere progressivamente le voci che riescono a dire le cose come devono essere dette, e di non riuscire a trovarne di nuove.
Il tempo sta passando e questo governo ha una base sociale che si sta riconoscendo, come in una seduta collettiva di auto-aiuto in cui si scopre un’identità nuova (ah, anche tu qui? anche tu ce l’hai coi migranti e la casta, perché non ci siamo incontrati prima?). Quello che per anni è stato uno slogan tipicamente di destra – destra e sinistra non esistono più – e che nascondeva le tendenze reazionarie di chi voleva spacciarsi per progressista, oggi può diventare l’alibi per giustificare le posizioni più estreme.
Passare questo tempo a misurare il rispetto del contratto o il galateo istituzionale è un errore, così com’è un errore vivere nel rimpianto che il Movimento 5 Stelle abbia abbracciato il lato oscuro: non è Guerre Stellari, noi non siamo Obi Wan Kenobi e il modo in cui la parte grillina del governo ha affrontato il caso Diciotti ha dimostrato, se ancora ce ne fosse stato bisogno, la sua perfetta comunanza di visione e d’intenti con Salvini.
La visione semplificata della realtà grillo-leghista è la casa disegnata dai bambini: monodimensionale e rassicurante, con due muri che reggono un tetto spiovente rosso con un camino. Una visione della società in cui è semplice distinguere i buoni (loro) dai cattivi (i migranti e i poteri forti), in cui vincono l’egoismo e la ricerca costante del capro espiatorio. È la versione più furba del mondo, perché nessuna complessità significa nessuna responsabilità: in questo modo è possibile vivere una realtà parallela in cui cittadini e capitani coraggiosi ci salveranno dal male, e persino lo spread sarà una benedizione.
C’è un’opposizione sparpagliata a questo governo, disorientata e senza punti di riferimento, perché ognuno è troppo impegnato a rivendicare le proprie ragioni e la propria patente di autentico oppositore, mentre il governo promette, tra gli applausi, di trascinarci tutti nel burrone. Il punto da cui si dovrebbe ripartire, oltre a un faticoso e costante lavoro di contrasto delle balle, è la consapevolezza che presto questa realtà immaginaria si schianterà contro la realtà concreta. Ed è il caso di farsi trovare preparati.