Il non detto dei casi Desirée e Pamela

La morte terribile di Desirée nel quartiere San Lorenzo a Roma e quella atroce di Pamela a Macerata, così come tante altre negli ultimi anni, hanno un denominatore comune che troppo spesso viene taciuto dai giornali e dalla politica: l’eroina. In questi anni, infatti, è tornata in grande stile e in dosi massicce per le nostre strade, anche se nessuno sembra accorgersene.

Chi ha la mia età l’ha conosciuta da piccolo. I parchi e le stazioni erano pieni di ragazzi e ragazze semi incoscienti, spesso con le siringhe ancora infilate nel braccio. Gli scippi, i vetri delle macchine rotti, perfino il furto dei campanelli delle biciclette (per usarli come “scalda-eroina”) erano una costante. Poi, all’improvviso, sembrava che l’eroina fosse sparita. Non se ne parlava più. Non si vedevano più i ragazzi ai margini delle strade, e anche nelle scuole, così come in tv, si è smesso di parlarne. A causa di questo equivoco, in compenso, la politica ha iniziato a parlarne in modo sbagliato.

Le guerre del dottor Serpelloni, capitanate in parlamento da Gianfranco Fini e Carlo Giovanardi, sul fatto che il vero nemico fosse la marijuana, e sul paragone tra droghe cosiddette leggere e droghe pesanti, sono state seguite anche da una parte del centrosinistra. Scelte politiche ottuse e un dibattito inesistente hanno ottenuto dunque questo bel risultato: l’eroina non solo è tornata – in realtà non se ne era mai andata – ma il silenzio che la circondava le ha consentito di rivolgersi a una nuova generazione di ragazzi in modo inedito.

I dati hanno iniziato a dircelo in modo allarmante già nel 2013. In una ricerca pubblicata dal Cnr emergeva, infatti, come l’età in cui si assumeva per la prima volta eroina si fosse abbassata dai 15 ai 14 anni. Nel 2015 una ricerca ci diceva che in quell’anno 320 mila teenager italiani avevano fatto uso di eroina. In un articolo del Post del 7 gennaio 2017 il Professor Giancane spiegava che se negli anni Novanta servivano circa 120 mila lire per acquistare un grammo di eroina, oggi bastano 30 euro: con un mese di stipendio da operaio allora si potevano comprare 6-7 grammi, oggi si arriva a 40. Il prezzo dell’eroina è diminuito fino a livellarsi con quello della cannabis, che un tempo costava trenta volte meno dell’eroina. È quindi diventata una droga che costa pochissimo, due-quattro euro a dose, che si trova ovunque e che non si inietta più (per questo non vedete più le siringhe) ma che si fuma.

Ecco il problema. I ragazzi e le ragazze che fanno uso di eroina, lo fanno nel totale silenzio dei media e, cosa molto più grave, delle istituzioni. Qualche settimana fa, in Aula, ho chiesto alla ministra della Salute Giulia Grillo se il suo dicastero non ritenesse opportuno attivare sistemi di informazione e allerta sulla pericolosità delle droghe. Lei ha risposto esattamente come Giovanardi rispose nel 2009: no, perché spiegare ai ragazzi la pericolosità delle droghe potrebbe farli avvicinare alle droghe. L’assurdità delle reazioni della sindaca Raggi e di Matteo Salvini ne sono l’ennesima prova. Una ragazza muore in uno stabile abbandonato, frequentato da spacciatori e consumatori di eroina, il ministro degli Interni invoca le ruspe mentre il sindaco proibisce il consumo di birra dopo le 21.

Il problema è drammaticamente serio e se vogliamo veramente iniziare ad affrontarlo dobbiamo prima di tutto cominciare a parlarne in modo serio. Dobbiamo cancellare la legge Fini-Giovanardi – cosa che purtroppo, quando dal governo ne abbiamo avuto la possibilità, non abbiamo fatto – e spiegare anche ai nostri amici più ottusi che si scagliano contro la cannabis light come la mafia abbia fatto un investimento sui nostri ragazzi: li vuole dipendenti dalla cocaina e dall’eroina. Continuare a proibire birra, evocare ruspe e non nominare mai la guerra al narcotraffico non solo non risolve il problema, ma lo aggrava.

Foto di Jes