C’è stato un tempo in cui le serie si guardavano in tv, nel senso che dovevano essere trasmesse da qualche canale televisivo italiano per far sì che potessimo vederle. Era cioè un tempo in cui bisognava aspettare che qualcuno (ai piani alti di qualche rete televisiva) decidesse di metterle in palinsesto, a una certa ora di un determinato giorno, e a quell’ora bisognava essere presenti, o perlomeno pronti con il videoregistratore. Sembra un ricordo lontano come quei vecchi racconti di nonna, ma in quel tempo noi c’eravamo, e già scrivevamo su questa rivista.
Era un tempo in cui anche solo dell’esistenza di West Wing era a conoscenza appena un ristrettissimo gruppo di iniziati, il cui principale merito era di riuscire a stare in piedi fino a tardi. Perché all’epoca il telefilm veniva trasmesso da Rete 4 a notte fonda. E per notte fonda intendiamo un orario imprecisato e imprevedibile tra le 23 e le 4 del mattino. Per di più con cadenza del tutto casuale, in modo da rendere ancora più difficile l’esercizio di abilità. Tanto che i più indefessi tra di noi impostavano il videoregistratore per tutta la notte per riuscire a coprire anche la messa in onda più azzardata.
Era soprattutto un tempo in cui la politica ci pareva potesse essere bella, o che potesse esserlo almeno nella finzione sceneggiata da Aaron Sorkin. Un po’ per questa ragione e un po’ per un’evidente mancanza di originalità, quella che allora era la rubrica di spettacolo si chiamava per l’appunto West Wing. Di certo non ci mancava l’ottimismo. D’altra parte non c’era ancora il Partito democratico ad allietare le nostre giornate, benché più tardi seguendo i suoi primi passi avremmo intuito che sarebbe stata una lunga e dolorosa gestazione.
Pensando a un pezzo per i quindici anni di questa rivista, ci siamo ricordati di quelle videocassette di West Wing, gelosamente conservate come un feticcio per anni e infine rottamate poco tempo fa per fare spazio ai cofanetti dei dvd e a qualche altra nuova diavoleria tecnologica che ci permetterà di vedere tutte le serie tv che vogliamo quando vogliamo. Tutto quello che è successo nel frattempo, infatti, già lo sapete. E se non fossero bastate le elezioni del 2018 a farci capire come sta andando il mondo, solo una settimana fa abbiamo visto (in un giorno a nostro piacimento, all’orario che ci faceva più comodo) un episodio di Black Mirror in cui a ogni singolo spettatore veniva offerta la possibilità di scegliere, a ogni snodo di trama, lo sviluppo che preferiva, tutto ovviamente tramite una “piattaforma online”. Ma il trucco c’è e si vede: come ha capito chiunque abbia giocato all’episodio fino in fondo, le diverse scelte non si equivalgono né come quantità (di minuti) né come qualità (di trama). Anche per questo in alcuni punti il sistema ci fa ricominciare da capo e ci costringe di fatto a prendere una strada diversa. Perché la verità è che non tutte le scelte sono uguali e hanno pari dignità di esecuzione, lo sanno anche quelli della piattaforma.
Ora è chiaro che non siamo sempre stati in perfetta sintonia con lo spirito del tempo, e talvolta ce ne siamo fatti anche un vanto. A un certo punto, per dire, ci siamo perfino battuti per il riformismo di Buffy l’ammazzavampiri. Ma di fronte alle spaventose possibilità che ci si prospettano in tempi come questi, ci sono almeno un paio di principi non negoziabili su cui non possiamo cedere. Perché al momento sarà pure assai di moda pensare che uno vale uno, ed esisterà senz’altro qualcuno in futuro disposto a concederlo, ma di certo non vale quanto un vero sceneggiatore, e di sicuro non vale quanto Aaron Sorkin. Alcune decisioni – soprattutto decisioni fondamentali come gli snodi di sceneggiatura – vogliamo che siano prese per noi, da quelli che hanno studiato più e meglio di noi la questione.