Contraddizioni in seno al populismo televisivo

La Fat (Free Air Television), come Rai, Mediaset o La7, si rivolge a tutti, fabbrica visibilità e ne trae ricavi pubblicitari e notorietà (variamente spendibile tra carriere politiche, social, etc). Ed è ovvio che un medium di questo tipo sia come la bicicletta, sempre esposta al rischio del terra terra populista se chi la monta non pedala, specie in salita. È mancata la pedalata, ad esempio, nei vari anni della questione banche dove si è, ben che andasse, organizzato il vociare e non la discussione e l’analisi, col bel risultato di raccontare la favola della contrapposizione del popolo nei confronti delle banche, anziché dei banchieri colti a svaligiarle. E ai più pareva gran peccato stanziare molti miliardi per evitare il crollo del sistema del credito su cui si regge tutta l’economia (e su cosa, se no?). Tant’è che l’altro ieri proprio il governo dei “nemici delle banche” ha salvato a suon di molti soldi pubblici la Cassa di risparmio di Genova, perno rotto dell’economia ligure.

Contraddizioni come questa scoppiano ogni volta che si fa di tutta l’erba un fascio (il pericolo fascista oggi più incombente). L’antidoto sta ovviamente nella capacità di distinguere, che per la tv vuol dire investire talenti e denaro per raccogliere materiale, vagliarlo, correlarlo e non semplicemente sciorinarlo come fosse biancheria stesa. Sforzo che non può essere di una volta sola, perché in tv funzionano solo le narrazioni seriali, non le inchieste una tantum. E comunque noi questo sforzo non lo abbiamo percepito e ci pare, in definitiva, che la tv italiana ci ha fatto auto ingannare non aiutandoci a capire la crisi, le sue conseguenze, i suoi attori. Avrebbe potuto esserci più utile o meno dannosa? Forse, ma solo con una diversa coscienza di sé e con una diversa organizzazione.

Sotto il primo aspetto è probabile che le nostre tv non abbiano sviluppato una coscienza d’élite o che l’abbiano rapidamente dismessa a causa delle mancate riforme del servizio pubblico (nel senso dell’autonomia giuridica ed economica) e del mercato (verso la concorrenza in luogo del Duopolio che c’era e che c’è). Mentre sul piano organizzativo è evidente che dopo essersi attardati, per decenni, a varare Testate (fate il conto di quante ce ne sono in Rai) si tratterebbe di cominciare a smobilitarle per avere risorse da investire nelle teste. Se poi qualcuno pensasse che, altro che tv, più semplicemente la colpa dell’andazzo sia dei politici, specie di quelli più verbosi e pronti a cavalcare i luoghi comuni, provi lui a fare politica in un paese dove in quei luoghi comuni le tv beotamente – con la o – sguazzano.