Il silenzio imbarazzato dietro cui si nascondeva il governo italiano in attesa del 2 novembre, termine perentorio oltre il quale era previsto il rinnovo tacito delle quattro pagine e otto articoli del «Memorandum d’intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere» tra Italia e Libia è stato rotto dal ministro degli Esteri il 30 ottobre, dichiarando che gli accordi con la Libia andavano rinnovati, ma potevano essere migliorati. In attesa di migliorarli, nel frattempo, li abbiamo rinnovati.
Che il memorandum sia indifendibile non dovrebbe essere in discussione: in questi tre anni in Libia è riesplosa la guerra civile, organizzazioni internazionali, inchieste giornalistiche, organizzazioni non governative hanno certificato la violazione strutturale dei diritti umani – in terra e in mare – perpetrata dalle autorità libiche, ed è innegabile che il Memorandum sia stato la cornice normativa che ha reso possibile la costruzione e il finanziamento di campi di detenzione in cui vengono perpetrate torture e violenze, e lo strumento con cui l’Italia si è impegnata a finanziare «organismi libici incaricati della lotta contro l’immigrazione clandestina» come la sedicente «Guardia Costiera» che è invece una pirateria organizzata.
Se al momento della firma di quegli accordi si poteva pur formulare una debole difesa, fondata sull’inconsapevolezza di come questa cooperazione sarebbe stata gestita, ora non è più possibile. Oggi sappiamo precisamente come le autorità libiche amministrino l’appalto di esternalizzazione della frontiera che abbiamo loro affidato. In questo quadro decidere se rinnovare o meno il memorandum è diventata una scelta politica, che meritava un discussione aperta e non una sorta di silenzio-assenso.
L’asettica astrattezza degli otto articoli del Memorandum è stata rovesciata dalla realtà, ma l’ipocrisia della sua difesa a oltranza, come se nulla fosse, è sancita nell’accordo stesso: l’articolo 5 prevede infatti che «le Parti si impegnano ad interpretare e applicare il presente Memorandum nel rispetto degli obblighi internazionali e degli accordi sui diritti umani di cui i due Paesi siano parte». Le prove che il Memorandum sia stato applicato in violazione degli obblighi internazionali e in violazione dei diritti umani che il nostro paese è tenuto a rispettare sono evidenti. Ma quali sono le ragioni per cui dovremmo accettare queste violazioni?
Nessuno venga a dire che la nostra è una visione umanitarista contrapposta a una visione pragmatica, perché davanti a quello che accade in Libia sono i pragmatici a dovere delle spiegazioni, e a doversi assumere la responsabilità politica di una decisione. Non basteranno alcune modifiche a questa o quella formulazione per rendere tollerabile l’orrore rivelato da coraggiosi reporter in questi tre anni: quegli accordi sono insostenibili – dal punto di vista politico e del rispetto dei diritti umani – e per questo non andavano rinnovati e vanno stracciati al più presto. Chi ha sostenuto la scelta di rinnovarli non può nascondersi dietro il miraggio di “miglioramenti” da attuare in concorde collaborazione con aguzzini e trafficanti. Il fatto che quegli accordi siano insostenibili e che in questi tre anni siano stati attuati in violazione del loro stesso contenuto è ormai impossibile negarlo, ma il principio supremo per cui stiamo vendendo l’anima al diavolo, ancora una volta, è nascosto tre le pieghe di mille ipocriti distinguo, che non riescono a coprire un tacito assenso di fondo.