Pellicole fotovoltaiche

Nel disegno di legge di bilancio 2025 – mentre scriviamo, all’esame della Camera dei Deputati – un intero articolo è stato dedicato a modificare le norme della Legge 220/2016 sul sostegno pubblico per il cinema e l’audiovisivo. La modifica di norme dedicate alla cultura e alla creatività in sede di legge di bilancio non è una novità assoluta, ma certamente, in questo caso, è il segno di una precisa svolta della politica nei confronti di questo settore.

Innanzitutto il governo esplicita la chiara volontà di assegnare allo Stato compiti e poteri di controllo, anche sui contenuti della produzione cinematografica e audiovisiva, ai quali la parte pubblica aveva (giustamente) rinunciato da almeno cinquant’anni.

L’intento si manifesta raddoppiando la percentuale di risorse destinate ai contributi selettivi e diminuendo, quindi, la quota riservata ai contributi automatici e ai benefici fiscali per la produzione. Come è noto i contributi selettivi per il cinema e l’audiovisivo vengono assegnati da una commissione, interamente nominata dal Ministro della Cultura, che sceglie i progetti da sostenere sulla base di valutazioni che, nella pratica, sono spesso discrezionali. Al contrario, i contributi “automatici” e il tax credit garantiscono valutazioni interamente basate su criteri oggettivi.

Un’altra serie di “piccole modifiche” alla legge 220 del 2016, sembrano, tra l’altro, voler mutare la natura stessa del tax credit, indebolendo la portata dell’azione pubblica. Ciò avviene attraverso la sostituzione dell’originaria espressione «agevolazioni tributarie» con «incentivi» producendo così almeno una certa indefinitezza dell’oggetto dell’azione dello Stato nei confronti del settore, visto che la categoria degli incentivi può ricomprendere aiuti e agevolazioni di forme e contenuto anche diversi dagli sgravi fiscali, come i finanziamenti agevolati o i contributi a fondo perduto.

L’altra questione molto critica attiene alla previsione normativa che stabilisce che lo Stato possa acquisire la titolarità dei diritti e quota parte dei proventi in misura proporzionale all’importo del tax credit o dei contributi selettivi riconosciuti alla produzione dell’opera cinematografica.

Ci rendiamo conto che questa prospettiva possa sembrare ragionevole. Tuttavia va sottolineato che quando parliamo di tax credit stiamo parlando di un semplice credito di imposta, di uno sconto fiscale che lo Stato concede a chi investe in un determinato settore economico ritenuto, in un determinato periodo, di particolare interesse per la collettività: perché aiuta l’occupazione, perché incoraggia la produzione industriale, perché incide positivamente sull’economia spingendo in alto il Pil, le entrate fiscali, la ricchezza del paese. Queste ragioni spesso sono accompagnate da esigenze legate alla sostenibilità, all’efficientamento energetico, alla spinta al consumo di una determinata categoria di beni o servizi, come ad esempio le produzioni culturali e creative. Insomma, il tax credit per la produzione di cinema e audiovisivo non è diverso dagli incentivi fiscali per l’efficientamento energetico della vostra casa.

La pretesa dello Stato di entrare in possesso di quote parte dei proventi e dei diritti patrimoniali su un film o su una serie televisiva è paragonabile alla pretesa di diventare proprietario di quota parte dell’impianto fotovoltaico che avete montato sul tetto della vostra casa in campagna, e per il quale avete goduto di un beneficio fiscale. Tutto questo fermo restando che i diritti d‘autore, patrimoniali e morali, e i diritti connessi, dipendono sulle norme nazionali, europee e internazionali sul diritto d’autore, che ne stabiliscono una specifica tutela che però il Governo sembra ignorare in questo frangente.