Al secondo volo dopo l’elegante ma trattenuto “Peace, Love and Death Metal”, gli Eagles Of Death Metal del doppio J-H (Jesse Hughes e Josh Homme, al secolo) alzano il tiro e correggono la rotta, con un’esecuzione meno impeccabile e un maggior tasso di reciproco divertimento tra autore e fruitore.
“Death By Sexy” (’06), infatti, punta tutto sullo spirito originario (e intrinseco) del rock’n’roll, del garage e della prima psichedelia anni Sessanta: ritmo ben scandito, chitarre in acido e doppisensi a profusione, meglio se a sfondo sessuale.
Con una formazione rinnovata nella quale ora militano, accanto al baffuto vocalist/chitarrista Hughes (iconograficamente tra Happy Days e Freddy Mercury, un Richie Cunningham annegato in acido) e al leader degli ormai troppo consacrati Queens Of The Stone Age, Homme (qui sempre impegnato nel drumming), il bassista Brian O’Connor, il secondo chitarrista Dave Catching e il percussionista Gene Trautmann, gli EODM riescono a infondere sangue nel proprio stile troppo studiato: non mancano, anche qui, gli esercizi di stile e le raffinate citazioni; tuttavia, l’esecuzione è meno scolastica e più collegiale, nel senso di una goliardica e improvvisata jam tra compagni di college.
Si comincia con l’incalzante “I Want You So Hard (Boy’s Bad News)”, primo singolo e paradigma dell’intero lavoro: sorta di “Summertime Blues” di Eddie Cochran (più nota nella versione degli Who), non è nulla più di un giochetto, ma il riff si insinua sottopelle e spinge a muoversi. Seguono “I Gotta Feeling (Just Nineteen)”, in una tradizione post-adolescenziale che va da Alice Cooper agli Skid Row; e “Cherry Cola”, il pezzo più ambizioso e riuscito della collezione: hard’n’roll, quasi un vero jingle, chitarra bluesy e voci soft (impreziosisce il tutto la sensuale Brody Dalle, ospite anche in “I Want You…”). “I Like To Move In The Night” e “Solid Gold” confermano che la band sa come scrivere una canzone, salvo innamorarsi di sé e lucidare all’eccesso ogni nota: tra acid-rock , Beach Boys, Fleshtones e “Magic Bus” (di nuovo gli Who), con il sospetto – per “Solid Gold” – che sia “Cherry Cola” suonata a mezza velocità. Si risale con le più sciolte “Don’t Speak (I Came To Make A Bang)” e “Poor Doggie”, ritmata e “stoner” la prima; cadenzata e doorsiana (alla stregua di “My Wild Love”, da “Waiting For The Sun”) la seconda. Insopportabili “Keep Your Head Up” e “The Ballad Of Queen Bee And Baby Duck” (quest’ultimo è il soprannome appiccicato a Homme), si risale in alta quota con “Chase The Devil”: Hughes fa l’Elvis Presley da fiera sopra un tappeto garage-blues spesso e sporco. “Eagles Goth” è un manuale veloce di psichedelia sixties e “Shasta Beast” un bel riff e basta; si conclude con “Bag O’Miracles” dove l’ispirazione sembra essere la Allman Brothers Band impegnata a rifare “Come On In My Kitchen” di Robert Johnson. L’accento è genuino e la traccia raggiunge “Cherry Cola” e “Chase The Devil” in testa all’intero album. Nel complesso, “Death By Sexy” rappresenta un discreto passo in avanti rispetto all’esordio discografico del 2004 e apre prospettive più appassionanti per la band, ora meno side-project e meglio avviata a caratterizzarsi con una propria fisionomia: occorre ancora alzare la temperatura e lasciare che le chitarre parlino da sole, abbandonando la zavorra della posa e della citazione, entrambi care all’ex-giornalista Hughes (forse critico musicale? Il voler ricapitolare la storia del Rock è un indizio).