Leggete questo libro: “Il baco del Corriere”, di Massimo Mucchetti, appena pubblicato da Feltrinelli. Leggetelo per la semplice ragione che dice la verità su quello che negli ultimi due anni è accaduto in questo paese. Naturalmente si tratta di una parte della verità, come sempre. Ma è la parte finora meno raccontata, perché è la parte che conta, il pezzo centrale del puzzle. Le quattro o cinque tessere che compongono il quadro. Il resto è contorno. Mucchetti parla del baco introdotto nel Corriere della sera, che poi sarebbe un virus utilizzato dai pirati informatici per dare una sbirciatina negli altrui computer. Se prima di comprare il libro volete saperne di più, la storia – e non solo quella – ve la racconta come si deve Oscar Giannino, qui. Ma la mela bacata non è il giornale diretto da Paolo Mieli. E’ l’Italia.
Se il tono di venerazione con cui stiamo parlando dell’opera di Mucchetti vi pare eccessivo, vi invitiamo serenamente a riflettere su due aspetti della questione. Il primo è che probabilmente non avete ancora letto il libro. Il secondo è che noi, noi che ogni settimana curiamo questo piccolissimo sito internet, da due anni a questa parte passiamo il tempo a spiegare come e perché la campagna di stampa contro l’Unipol e contro Giovanni Consorte, guidata dal Corriere della sera nel 2005, non era altro che una spietata operazione di potere. Una campagna moralizzatrice edificata sopra la più colossale delle mistificazioni, accomunando quel che nulla aveva in comune – l’opa Unipol a Bnl con le scalate di Ricucci al Corriere e di Fiorani ad Antonveneta – grazie all’infame mercato di intercettazioni legali e illegali, comunque sempre illecitamente pubblicate, tagliate e incollate ad arte per dimostrare tutto e il contrario di tutto. Una operazione preordinata, elaborata e portata a termine con perfetto tempismo – con tecniche di spionaggio, dossieraggio e depistaggio degne dei migliori servizi segreti – per risolvere i non piccoli problemi finanziari dei soci di riferimento. E mentre l’intero sistema politico si divideva tra servi sciocchi e pavidi attendisti, tra chi accorreva festante dinanzi al patibolo e chi vi si lasciava trascinare senza fiatare. Incapaci di comprendere – gli uni e gli altri – che presto o tardi sarebbe toccata a loro, in quella sinistra e sanguinolenta rappresentazione, la parte del protagonista.
Lo abbiamo scritto mille volte. Il nostro archivio, che è sempre consultabile in rete (link in alto a sinistra), ne offre ampia testimonianza. Non ci credete lo stesso? Leggete allora cosa scrive in proposito Massimo Mucchetti, vicedirettore del Corriere della sera.