Per una volta Berlusconi avrebbe dovuto imparare dal centrosinistra. Di fronte al ripresentarsi dello spettro di un paese “selvaggio” il premier aveva due possibilità: scegliere di chiudere definitivamente la lunga transizione italiana e trasformare la sua coalizione superandone le molte anomalie, o tornare alle origini e cavalcare gli umori e i sentimenti più retrivi del paese. Le celebrazioni del decennale di Forza Italia non lasciano dubbi su quale di queste due strade abbia scelto. Ed è un peccato, perché a trarre beneficio dalla chiusura di una lunga stagione di rivoluzionari senza rivoluzione e dalla nascita di una destra europea sarebbe stata la democrazia italiana. Così invece Berlusconi otterrà forse un (relativo) successo personale e il ridimensionamento della volontà di potenza dei suoi alleati, ma i nodi strutturali che minano la credibilità e la capacità di governo della sua coalizione resteranno intatti.
Il centrosinistra invece, e finalmente, il salto di qualità l’ha fatto, con la scelta dei due maggiori partiti della coalizione e dello Sdi di presentarsi uniti alle europee, per poi fondersi in un nuovo soggetto politico. E così, anche se la riproposizione a dieci anni di distanza della stessa sfida del 1996 sa un po’ di déjà-vu, nel 2006 Prodi non sarà più il leader di un Ulivo senza radici nella società, ma capo di un grande partito riformista. E in quanto tale candidato premier di una coalizione più ampia. Quel partito sarà per Prodi la maggiore garanzia di successo, consentendogli di governare senza rimanere ostaggio della competition o di scelte ambigue figlie di inestricabili veti incrociati.
Quel partito non c’è ancora, ma bisognerà farlo, superando le diffidenze e i dubbi di molti protagonisti. Certo, a considerare gli schieramenti in campo ci sarebbe di che preoccuparsi, perché è su questa linea che si è ormai definitivamente assestata la trincea dei molti conservatori del centrosinistra. Verrebbe voglia di dire: cari compagni, avete voluto il triciclo? Ora pedalate. Ma sarebbe una battuta ingiusta e affrettata. Questa volta la decisione non è solo nelle mani dei leader e molto dipenderà dai voti che la lista unitaria raccoglierà alle europee. L’ultima scelta, in definitiva, la faranno gli italiani. E la cosa ci tranquillizza non poco.