Con soddisfazione di tutti, si è concluso la scorsa settimana il viaggio di Pierluigi Battista nelle inquietudini del laicismo contemporaneo. Battista aveva un dubbio: “L’etica laica della tolleranza non rischia così di trasformarsi nella retorica intollerante del laicismo che mette la museruola alle religioni?”.
Malauguratamente, l’autore dell’inchiesta non fornisce esempi di italica museruola, ma imbastisce comunque il filo del laicismo “stentoreo” con la legge sul velo in Francia, la legge sul matrimonio di Zapatero e la bocciatura europea del quasi-commissario Buttiglione. Tutt’al più, qui in Italia, ci sarebbero rumorose levate di scudi quando è di turno il laico che tentenna – si tratti di Mieli che solidarizza con il filosofo gallipolino, di Galli della Loggia che dialoga con Ratzinger, di Amato che tenta di scongiurare i referendum sulla legge 40, o infine di Battista medesimo, che fa le sue inchieste. Ma anche così, il quadro che dipinge è netto: vi è da un lato il laico pensoso, serio, preoccupato della secolarizzazione atea della società e della invadente tecnicizzazione della vita, e dall’altro il laico burbanzoso e un po’ ottuso, che non si cura di quel che accade nei laboratori o nelle camere da letto. Questi procede al passo coi tempi, baldanzoso e aggressivo, quello invece medita sul destino dell’uomo e un po’ rincula. Appartenendo a quest’ultima schiera, Battista elenca allarmato tutte le preoccupazioni del laico che rincula. Eccole. Primo: l’identità culturale dell’Europa e la mancata menzione delle radici cristiane nella costituzione; secondo, i valori cristiani come “contrafforti” culturali contro il terrorismo islamico; terzo, l’unione tra gay che minerebbe la stabilità dell’istituto matrimoniale; quarto, “la pretesa di onnipotenza prometeica della scienza” in faccende in cui ne va dell’origine stessa della vita. Ora, poiché non bisogna trasformare il laicismo in un dogma, né si debbono affrontare i problemi con indifferenza e alzate di spalle, sarà bene dare prova di meditata ragionevolezza e procedere distinguendo.
È difficile, per cominciare, fare della vicenda delle radici cristiane un segno di intolleranza laicista, visto che tra i “cristiani” dubbi sulla loro esplicita menzione sono serpeggiati almeno quanto fra i laici. E non c’è alcuno sciatto indifferentismo nel ricordare che se c’è un tratto che contraddistingue e nobilita l’Europa, è proprio il suo non identificarsi con questa o quella sola radice. Quanto invece alla religione come scudo contro l’Islam, siamo proprio sicuri che il laico riflessivo sia quello che si cala di buon grado dentro un simile scontro di civiltà? E non è forse vero che, da parte sua, il terrorismo islamista attacca l’Occidente laico e secolarizzato, molto più che l’Occidente cristiano? Qual è l’identità che dobbiamo dunque difendere, come Occidente? E non è vero pure che a questa identità laica appartiene (per fortuna) la fine di ogni discriminazione nei confronti degli omosessuali? A proposito del voto su Buttiglione, Galli della Loggia ha avuto la delicatezza di ricordare che la disapprovazione dell’omosessualità è comune a tutte le grandi religioni del libro:
ebraismo, cristianesimo e islamismo, sicché la decisione del Parlamento mette al bando (nientemeno!) “i tratti fondamentali dell’antropologia dell’intero monoteismo”. Ebbene, è da fanatici laicisti pensare che, allora, tanto peggio per quei tratti? Suona fanatismo o invece pieno e franco e liberale riconoscimento dei diritti dell’individuo? Oppure dobbiamo pensare che una simile rivendicazione appartiene a quella pericolosissima equazione desiderio=diritto che Ferrara e Caffarra, Caffarra e Ferrara intendono spezzare? Guai a pensare, ammoniscono, che l’individuo sia assoluto!
Hanno ragione. Il punto è però se sia relativo, come crediamo, agli altri individui, o se invece non lo sia al Totalmente Altro (e ai suoi gerarchici rappresentanti in terra).
Di ben altro spessore è infine la questione posta dalle tecnoscienze della vita. Qui vorremmo solo domandare se dipingere uno scenario frankensteiniano aiuta a ragionare laicamente. E se è in ogni caso la proibizione il rimedio più efficace, visto che la ricerca sulle staminali va avanti in Italia nonostante la legge 40: basta importare il “materiale” dall’Australia, e il gioco è fatto. Eppoi, il dominio della tecnica farà anche paura, ma rispetto agli altri domini che l’uomo ha conosciuto, finora non si è rivelato il peggiore. Stiano poi tranquilli gli apocalittici: non tutto ciò che è almeno in linea di principio possibile, grazie alla tecnica, è per ciò stesso anche immediatamente realizzabile. Rammentarlo può servire a evitare che si agitino inutilmente lontani spauracchi, del tutto speculari, peraltro, alla hybris scientifica che intendono avversare, e si perdano di vista i problemi reali e pressanti della nostra attuale forma di vita. (Sarà un laico e ragionevole riformismo, questo?).