Contrariamente a ciò che le religioni insegnano, e le persone comunemente dicono, credo che l’angoscia della morte non sia angoscia dell’aldilà. Forse nel Medioevo e nelle società molto religiose era così, ma secondo me l’angoscia della morte non riguarda l’aldilà, bensì il passaggio da qualcosa a qualcos’altro. È l’angoscia di qualcosa di non rappresentabile: un’esperienza che non è stata mai fatta e che si fa sempre per la prima e l’ultima volta, giacché la prima è anche, insieme, l’ultima. È l’accesso a un ordine del tutto differente, o a niente del tutto. Quale può essere il più grande dolore del mondo? La più grande trasformazione del mondo? Non si tratta neppure di una trasformazione, perché la trasformazione è passaggio da una forma a un’altra, come dice la parola stessa “trans-formazione”, mentre la morte è passaggio all’assenza di forma. Perciò quest’idea è irrappresentabile: non esprime un rapporto empirico. È l’accesso a qualcosa di totalmente differente, o a niente del tutto, al nulla.
Vladimir Jankélévitch, La mort
(a cura di Massimo Adinolfi)