Silvio Berlusconi può fare oggi quello che molti gli chiedono: portare a compimento quel decennale processo di unificazione e costituzionalizzazione della destra italiana che rimarrà comunque il suo principale merito storico, lasciando in eredità al suo successore una grande forza del partito popolare europeo. Può perdere le elezioni senza perdere la testa e fondare la Fed dei conservatori, prendendo a modello quella lista unitaria di centrosinistra che tanto scetticismo ha sollevato alla nascita nei commentatori e che oggi ha raccolto – con il suo leader Romano Prodi – un’investitura che nessuno ha più il coraggio di mettere in discussione. La vittoria elettorale ha sancito nell’Unione la fine della competition interna, la morte per consunzione della distinzione tra radicali e riformisti, l’inutilità di ogni ulteriore discussione sulla leadership. La coalizione riorganizzata attorno alla federazione riformista ha vinto tutte le elezioni e ha guadagnato ormai la maggioranza assoluta dei consensi. I molti analisti che fino a ieri si ostinavano a leggere la crisi della Casa delle libertà come crisi del bipolarismo – in cui Berlusconi perdeva ma il centrosinistra non vinceva, la lista unitaria non convinceva e Prodi non sopravviveva – si sono finalmente rassegnati.
Silvio Berlusconi deve dunque decidere come chiudere la propria carriera. E’ la scelta più difficile per tutti, per un leader politico come per un calciatore, un regista o un attore. Puoi decidere di fare ancora un paio d’anni in qualche oscura squadra giapponese o di incassare qualche miliardo da un emiro per fare gli ultimi tiri in Qatar; puoi continuare a girare ancora lo stesso film e costringere i tuoi attori a ripetere ancora una volta le stesse battute che li hanno portati al successo; puoi continuare a ripetere che taglierai le tasse e darai al paese un milione di posti di lavoro. Puoi lasciarti consumare dal tempo e dagli avversari fino a quando tu non sia più fisicamente in grado di reggere la scena, di guardare il tuo pubblico negli occhi e recitare ancora una volta la tua battuta, oppure puoi decidere di chiudere alla grande, con il colpo di tacco che da solo vale una carriera e per il quale sarai ricordato negli anni.
Fino a oggi eravamo in pochi a sostenere che era stata proprio la riorganizzazione del centrosinistra a innescare la spirale in cui Berlusconi si stava avvitando. L’analisi dei risultati non lascia ora margine a dubbi: gli elettori si sono spostati verso il centrosinistra in tutte le regioni del paese. Il grande smottamento non è finito nell’astensione. Gli italiani hanno dato fiducia al nuovo progetto e al nuovo assetto con cui il centrosinistra si è presentato. Un’alternativa credibile è stata messa sul tappeto e gli elettori l’hanno premiata. Berlusconi può ora costruire le basi che permetteranno al centrodestra di lanciare la stessa sfida al nuovo governo Prodi. Può portare a compimento la sua opera maggiore, lasciando la politica italiana saldamente incardinata in un bipolarismo maturo, senza più tentazioni di ritorno a un passato da eterna eccezione storica, intramontabile peculiarità del panorama europeo e occidentale, da democrazia bloccata. Oppure può rovinare tutto, ostinandosi a giocare quella carta populista cui gli elettori hanno ormai tolto ogni valore, perché il ruolo dell’unico legittimo rappresentante del popolo contro i partiti e le istituzioni, dopo che il popolo ti ha voltato le spalle e ha votato per altri partiti, non è più una buona carta da giocare. Berlusconi può insistere ugualmente, può tentare la prova di forza su legge elettorale e par condicio, può rovesciare il tavolo e fare un po’ di casino. Può fare come ha fatto Aznar in Spagna, uscendo di scena dopo un decennio assai più glorioso di quello berlusconiano, lanciando accuse sempre più violente ai suoi avversari e ostinandosi a negare la legittimità della loro vittoria, lasciando in eredità ai suoi successori il solo compito di chiedere scusa. Ma basta leggere i giornali per capire che la Casa delle libertà ormai è vuota. L’ingresso è ostruito soltanto dagli scatoloni già preparati dai suoi inquilini. A Berlusconi sta ora decidere se sbarrare loro il passo alla porta, bloccare le finestre e impedire a chiunque di lasciare la casa in fiamme, o indicare loro – ancora una volta – la strada da percorrere. Ma questa volta, senza di lui.