Si è spento mercoledì scorso all’ospedale militare del Celio, all’età di novant’anni, l’ammiraglio Agostino Straulino. Tino, per chi poteva permettersi la confidenza, il Comandante per tutti gli altri. Senza dubbio il più grande velista italiano di sempre.
Era nato il 10 ottobre 1914 a Lussinpiccolo, sull’isola di Lussino, in Dalmazia. Marinaio figlio di marinai, scoprì la Star, la barca alla quale è legata la sua carriera agonistica, in Accademia Navale, dove era entrato per il corso di complemento nel 1934. Due anni dopo era già la riserva della squadra italiana a Kiel, dove si svolgevano le regate per l’olimpiade di Berlino.
La Star, la più anziana e prestigiosa delle classi da regata olimpiche, è considerata un po’ come l’università della vela, perché è uno scafo che esalta le doti di sensibilità e le abilità nella regolazione dei timonieri.
Tra i campioni che si sono affermati con la Star c’è quasi tutto il gotha della vela mondiale, bastino i nomi di Paul Cayard o di Torben Grael o, andando un po’ più indietro, di Dennis Conner e Lowell North. Straulino vinse nel 1938 il primo dei suoi dieci titoli europei (otto consecutivi dal ‘49 al ‘56), cui si aggiungono tre titoli mondiali (più due secondi e un terzo posto), un oro e un argento olimpici e dieci titoli italiani.
Alla prima delle sue sei olimpiadi (Londra 1948, le regate si svolgevano a Torquay) era medaglia d’oro fino quasi all’arrivo dell’ultima regata, quando disalberò. Finirà sesto, anche a causa di una squalifica da lui ritenuta ingiusta e della quale non perdonerà mai gli inglesi (“Avete perso la guerra, non vorrete vincere le olimpiadi” pare sia stato il commento dei poco sportivi giudici britannici).
Quattro anni dopo, ai giochi di Helsinki, non ci saranno né giudici né incidenti a fermarlo, e sarà oro. In quel magico 1952 il timoniere dalmata vinse anche il campionato mondiale, l’europeo e il titolo italiano, tutti in coppia con il prodiere Nico Rode, con cui formava un solido binomio.
Uomo di mare a tutto tondo, prima che velista sportivo fu anche comandante dell’Amerigo Vespucci. Sulla sua abilità nel condurre la nave scuola della Marina si narrano aneddoti leggendari, come quando uscì a tutta vela dal porto di Taranto, o quando ormeggiò a Portsmouth senza aiuto del nocchiere di porto tra un incrociatore e una portaerei, sublime vendetta verso gli inglesi che lo avevano squalificato all’olimpiade londinese.
Non sappiamo dove stia andando ora, di sicuro non avrà bisogno di un pilota.