Consumismo di massa, reality show, cura maniacale del corpo, culto dell’immagine e dell’apparenza, notti in discoteca e pomeriggi allo stadio, non c’è una sola delle mille manifestazioni dell’edonismo di massa che non sia implacabilmente censurata dal moderno progressista. Ma come si mostra comprensivo, il progressista, dinanzi ai fenomeni che più inquietano il cittadino medio: dalla criminalità urbana al terrorismo internazionale, ecco che la sua reazione – così implacabilmente censoria e indignata davanti al Grande Fratello o allo sperpero consumista – si fa subito analitica ed estremamente articolata, tutta tesa a contestualizzare, storicizzare e a non guardare solo alle conseguenze dimenticando le cause (perché dimenticare le cause del crimine o del terrorismo sarebbe imperdonabile).
“Laddove la società brasilianizzata, sempre in bilico tra il carnevale e la paura, richiederebbe tolleranza per il primo e fermezza rispetto alla seconda, il progressista propone la ricetta inversa”. Questa brillante sintesi della condizione della sinistra occidentale è tratta dal nuovo libro di Giuliano da Empoli, Fuori controllo (Marsilio) e ci sentiremmo pienamente di condividerla, se essa fosse riferita a una parte (quella borghese, post-sessantottina, elitaria) di una parte (quella radicale) della sinistra. E ancora, se quella tesi riguardasse soprattutto i gruppi dirigenti e al massimo i quadri intermedi di quella parte di una parte della sinistra. Ma se si parla del tutto, occorre fare alcune distinzioni.
La prima distinzione riguarda l’effettiva portata del fenomeno appena descritto. Tra i giovani no global come tra gli iscritti dei Ds della rossa Emilia Romagna non mancano gli assidui frequentatori di rave e concerti heavy metal, discoteche e stadi di calcio (né mancano tra loro, lo possiamo giurare, i fedeli spettatori del Grande Fratello). La seconda distinzione riguarda la maggiore capacità dimostrata dal centrodestra italiano e da Berlusconi in particolare – rispetto al centrosinistra – di interpretare quelle aspirazioni e quelle paure, offrendo il sogno di un paese più libero dalle regole e dalle tasse, ma durissimo contro la criminalità e fieramente schierato al fianco di Bush contro il terrorismo. Tesi che non ci convince non perché il messaggio del miliardario ridens (come lo chiamava Michele Serra) non fosse per questo molto efficace, ma perché lo stesso governo Berlusconi si è lasciato tentare da una linea opposta, quella dei cosiddetti teo-con, che il 12 e 13 giugno sarà sottoposta a referendum. Perché fino a oggi dalla parte del carnevale in Italia non si sono ritrovati in molti, né a destra né a sinistra. E non certo per le ragioni addotte da Giuliano da Empoli, ma perché in Italia fino a poco più di dieci anni fa c’è stata una cosa chiamata Democrazia cristiana e c’è ancora una cosa chiamata Chiesa cattolica. La recente proposta di istituire a Roma quartieri a luci rosse come si trovano in gran parte delle città europee ha spinto il sindaco Veltroni a smentire immediatamente ogni iniziativa in merito. E lo stesso hanno fatto buona parte delle amministrazioni locali governate dal centrosinistra. Eppure la regolamentazione della prostituzione come misura utile a salvaguardare la salute di tutti, a tutelare l’ordine pubblico e a sconfiggere il nuovo schiavismo, in Olanda e negli altri paesi d’Europa non è certo stata introdotta dai partiti democristiani, a dimostrazione del fatto che la tesi di Fuori controllo è suggestiva, ma anche piuttosto unilaterale. Assolutamente condivisibile è invece un’altra osservazione contenuta nel libro e che riguarda il nesso tra il carnevale e il terrorismo, evidentemente ripresa dallo splendido saggio di Ian Buruma e Avishai Margalit, Occidentalism, di cui qui abbiamo più volte parlato. “La storia ci ha già dimostrato che, da sola, la democrazia rappresentativa è fragile come il Palazzo di Cristallo di Dostoevski. Non è un caso se all’indomani della Prima guerra mondiale fu travolta in buona parte dell’Europa da ideologie di ben altro vigore che fondarono il loro successo sul deficit di fascino e di capacità di mobilitazione dello stato liberale. Se tuttora quest’ultimo manca di calore e di intimità, la soluzione non sta in nessuno dei rimedi escogitati dagli intellettuali (il comunitarismo, il patriottismo costituzionale, ecc.). La verità è che la risposta è venuta dal basso: dal carnevale dionisiaco della moda e dei consumi, dalla democratizzazione dei piaceri, dalla quotidianità televisiva… E’ questa la forza che ha sconfitto i totalitarismi del XX secolo. E questa rimane, a tutt’oggi, la nostra principale arma contro gli integralismi del XXI”. Aggiungiamo noi, provocatoriamente, che quando i fautori dell’attuale legge sulla fecondazione si scagliano contro la dittatura del desiderio e la pretesa di cancellare il dolore dall’esistenza, molto assomigliano ai sostenitori di tutti i peggiori totalitarismi ricordati in Occidentalism, che con Werner Sombart denunciavano l’ideologia del Komfortismus, la religione del comfort che avrebbe corrotto i valori dell’occidente. Anche per questo, riteniamo che la battaglia sul referendum sia oggi decisiva per la sinistra italiana. Ma certo non si può dire che finora la campagna del centrosinistra sia stata martellante, in un fiorire di distinguo personali e prese di posizione individuali, ma scarsissima politica. A dimostrazione del fatto che la tesi di Fuori controllo è unilaterale, ma anche piuttosto suggestiva.