Qual è il massimo numero di colpi di scena, eventi eccezionali, azioni spettacolari, vicende umane significative e commoventi che un evento sportivo può contenere? Beh, il Giro d’Italia ancora in corso potrebbe battere il record. Dopo le prime due settimane di corsa è successo un po’ di tutto. Se proprio il ciclismo non vi ripugna, dategli un’occhiata al pomeriggio verso le 15. Al limite mettete su qualche vhs.
S’è cominciato con un cronoprologo lampo, nel quale un corridore sfigatissimo, che già perse qualche anno fa un cronoprologo per pochi centesimi, è arrivato un’altra volta secondo, sempre per pochi centesimi. Niente tappa. Niente maglia. Tanta sfiga. S’è passati poi, nella prima settimana, attraverso una serie di tappe movimentate, con finali molto tecnici, in cui tre dei massimi specialisti mondiali del genere, predatori di grandi classiche, si sono dati battaglia a colpi di scatti e controscatti, rimpallandosi la maglia rosa sul filo dei secondi e degli abbuoni. Intanto, due fra i migliori sprinter del mondo si sono sfidati in alcune volate di gruppo sul filo dei settanta all’ora. Arrivati alle montagne, uno dei campioni più attesi e celebrati, il giovanissimo fenomeno che aveva vinto il Giro l’anno scorso tra mille peana, è andato in crisi nera sotto i colpi di un altro fenomeno, anche lui giovane, formatosi alla scuola del Tour de France e di Armstrong. Intanto è rimasto a galla il corridore sfigato del cronoprologo, quello che aveva mancato vittoria e maglia rosa per qualche centesimo di secondo. Ha vinto finalmente una tappa, uscendo da un tunnel di rogna e infortuni che lo aveva tenuto bloccato negli ultimi tre anni. Alla seconda tappa di montagna, tuttavia, il fenomeno fino ad allora vittorioso, quello del Tour de France e di Armstrong, che sembrava poter ammazzare il Giro, è andato in crisi per un mal di stomaco e per l’attacco proprio dell’ex-sfigato, che s’è preso la maglia rosa, il quale però è stato attaccato a sua volta nella tappa successiva da uno dei maramaldi cacciatori di classiche della prima settimana e da un vecchio campione, già vincitore di due Giri, che evidentemente non vuole abdicare, ma forse non sa nemmeno lui se ci ha ancora le gambe buone di un tempo. Alla terza tappa di montagna il mal di stomaco di quell’altro, del fenomeno non più – ahilui – fenomenale, è peggiorato, al punto da farlo fuori del tutto dalla corsa in un calvario come se ne vedono solo nel ciclismo (cioè: con un malanno che terrebbe a letto chiunque, lui s’è fatto duecentoventi chilometri sotto la pioggia, su e giù per le Alpi, per non mollare e poter combinare ancora qualcosa di buono nei giorni successivi, che c’è lo sponsor, e ci sono i soldi, e c’è la gloria, e c’è l’orgoglio, e c’è che magari alla fine non ce la fa lo stesso, poveraccio).
A condire il tutto: colombiani che vincono due tapponi alpini di seguito, piombando sul traguardo in lacrime, urlando come forsennati dalla gioia e baciando una piccola foto del figlio di un anno, tenuta infilata nei pantaloncini per tutto il giorno; campioni stipendiati da squadre diverse e rivali per la vittoria finale che si scambiano fraternamente borracce sullo Stelvio; lo Stelvio, appunto, con la pioggia e tutto attorno i muraglioni di neve, cioè semplicemente la salita più spettacolare del mondo; i sorrisi bellissimi delle miss e le facce un po’ sfigate, ma irrimediabilmente felici, dei corridori sul podio, con la loro andatura a papera per via delle scarpette con gli attacchi per i pedali e dell’imbottitura dei calzoncini tra le chiappe; la folla multicolore che sfiora i ciclisti, ma non crea un incidente che sia uno; direttori sportivi che scendono dall’ammiraglia in cima alla Cima Coppi e accarezzano con tenerezza in mondovisione il proprio corridore devastato che non ce la fa proprio più dalla fatica e dallo sconforto. Insomma, che fate ancora qui seduti davanti al pc? >