La prima volta che l’ho sentita, questa storia dei giovani che dovrebbero prendere il potere e salvare la situazione perché guarda com’è ridotta l’Italia, ero giovane. Il bello è che erano giovani pure loro. Magari un giorno lo racconteremo ai nostri nipoti: sai, piccino, io ho visto un tempo in cui i giovani erano giovani. Il primo sospetto mi venne quando Mario Adinolfi smise di parlare di “under qualche cosa” (non dico 30, ma almeno 40), e cominciò a parlare di “nati negli anni Settanta”. Aveva capito, il saggio, che a perorare la causa dei trentenni al potere si rischia di ottenere qualche risultato quando per i propri, di trent’anni, è troppo tardi. Nel frattempo, da quei giorni in cui i giovani che vogliono al potere i giovani erano ancora giovani, ci sono state un paio di primarie. A quelle per il candidato premier del centrosinistra alle penultime elezioni, si candidò Ivan Scalfarotto. A quelle per il segretario del PD, si candidò lo stesso Adinolfi. Presero una dozzina di voti cadauno. Ora, io sono femmina e anche piuttosto tonta per essere una femmina e per carità di politica ne capisco persino meno che di calcio, quindi spiegatemelo come se avessi cinque anni: se ti candidi e nessuno ti vota, la questione non è più che non hai l’opportunità, la questione è che non hai il consenso, e se non hai il consenso, in politica, mi spieghi un po’ dove vai?
Io ho un’impressione, che con le premesse di cui sopra è sicuramente sbagliata e non vedo l’ora venga smentita dalla realtà, ma per ora è stata rafforzata dalla rivendicazione generazionale (che il dio delle parole mi perdoni) che ieri Luca Sofri ha pubblicato sul suo blog. Un esercizio (di stile) d’umiltà, in cui si dicono come fossero normali cose come “sai benissimo che la politica è difficile, e se ti mettessero in mano un ruolo domani combineresti dieci casini il primo giorno”, che detto da uno che però sta chiedendo glielo affidino, quel ruolo, dev’essere la traduzione del “Sappiamo dove porta l’esperienza: Dick Cheney aveva esperienza” di Barack Obama. Lo so anch’io che Obama ha vinto le primarie e bisogna dire che vuoi mettere rispetto a Hillary (salvo poi non votarlo alle elezioni vere, perché suvvia), così come bisognava votare per i gruppi a cappella a X factor (salvo poi non comprarne un disco mai, perché suvvia) e bisogna dire che Veltroni è comunque un miglioramento rispetto a Prodi perché, suvvia, almeno è amico di George Clooney: lo chiamerei “fighismo percepito”, e non potrei dire d’esserne immune. Anch’io voglio fare la scelta più cool, figuriamoci, pure se si tratta di votare gente che brandisce la costruzione di “decenni di conoscenza del mondo che metà dei ministri ombra se la sognano” lasciandoti col sospetto che in italiano tal vanto si traduca “Noi sappiamo cos’è Facebook, e voialtri no.” Siccome bisogna essere ipercool come Lester Bangs per godere dell’essere uncool, e qua mi pare che siamo tutti piuttosto lontani da quei livelli, io non chiederò dove diavolo stiano tutti ’sti giovani geni incompresi (e quando intendano portare alla politica un contributo che vada oltre lo strepitare “Adesso tocca a noi” come sui campetti da piccini.) Non lo chiederò perché Luca Sofri ha già spiegato a tutti noi quanto sia scema la domanda: “I giornali hanno raccontato di centinaia di giovani in gamba in molti campi. Ma a chi voglia ancora farla, la risposta è: Ovunque, intorno a voi; se solo frequentaste il mondo e non solo quel che ne leggete sui giornali” – tantomeno chiederò a Luca Sofri se allora a ’sti giornali bisogna dare retta come alla riga prima o buttarli e uscire a prendere aria come alla riga dopo. Chiederò solo una spiegazione tecnica, che smentisca la mia impressione sbagliata. Se Gianni Cuperlo a 46 anni è il portavoce del disagio dei giovani; se Luca Sofri a 43 anni si batte per il ricambio generazionale perché “ce ne sono di formidabili, tra i trentenni italiani”, essi lo fanno in nome di terzi o del proprio fanciullino interiore? Prima o poi, è la mia impressione fallace, il ricambio della classe dirigente in Italia dovrà esserci per forza, per sopravvenuti decessi – e toccherà ai giovani, non ai giovanili. Il problema – è la mia impressione certo errata – è che i rappresentanti di una certa fascia di popolazione, diciamo quella tra i 35 e i 45 anni, hanno capito che quando toccherà ai giovani non toccherà a loro, si sono resi dolorosamente conto che il potere da queste parti salterà un giro, e quel giro è il loro. Prima o poi ci saranno dei trentenni al potere, in Italia, e quei trentenni non saremo noi (non lo siamo già più). C’è da dire che questo ci lascia molto tempo per lamentarci brillantemente sul blog.