Ma, fra tanti giuochi, preferisco quello di un altro Asterione. Immagino ch’egli venga a farmi visita e che io gli mostri la casa.
La prima volta che lo spirito di Gary Gygax prese possesso di me fu nell’autunno del 1982. Avevo quindici anni, frequentavo la seconda liceo e in un pomeriggio milanese la forza della mia fantasia trasformò camera mia in un labirinto sotterraneo dai muri trasudanti oscurità e orrore. Con me, trasfigurati dalla mia mente, c’erano i pochi amici di allora e di sempre, insieme ai quali frequentavo la scuola e trascorrevo il molto tempo libero: un elfo, un mago, un chierico, un guerriero barbarico.
Ogni nove anni entrano nella casa nove uomini, perché io li liberi da ogni male. Odo i loro passi o la loro voce in fondo ai corridoi di pietra e corro lietamente incontro ad essi. La cerimonia dura pochi minuti. Cadono uno dopo l’altro, senza che io mi macchi le mani di sangue.
Vennero sterminati – ricordo – alla quarta biforcazione di quel labirinto. Un branco di mostri a forma di giganteschi topi li assalì e li divorò. Risorsero qualche pomeriggio dopo in altri corpi: un druido, un nuovo mago, un nano armato di ascia bipenne e un paladino devoto alla causa del Bene. Ebbero migliore fortuna rispetto alle loro prime incarnazioni. Il druido, ad esempio, dopo più di un quarto di secolo ancora vaga in qualche universo parallelo evocando il fulmine dal cielo contro i suoi nemici, benché da qualche tempo le sue avventure siano del tutto implicite e non più narrate né pensate da alcuno.
Non per nulla mia madre fu una regina; non posso confondermi col volgo.
La verità è che sono unico. […] Le fastidiose e volgari minuzie non hanno ricetto nel mio spirito, che è atto solo al grande.
Nell’autunno del 1982 Gary Gaygax aveva 44 anni – coetaneo di mio padre – ed era il ricco presidente di una società, la TSR Hobbies Inc., che aveva commercializzato in tutto il mondo un gioco inventato dallo stesso Gygax: Dungeons & Dragons, il capostipite di tutti i giochi di ruolo nonché la dimensione virtuale nella quale io – come milioni di altri appartenenti alla mia e alle successive generazioni in tutto il mondo – ho gettato le maggiori e migliori energie dell’adolescenza.
Tutte le parti della casa si ripetono, qualunque luogo di essa è un altro luogo. Non ci sono una cisterna, un cortile, una fontana, una stalla; sono infinite le stalle, le fontane, i cortili, le cisterne. La casa è grande come il mondo. […] Tutto esiste molte volte, infinite volte; soltanto due cose sembrano esistere una sola volta: in alto, l’intricato sole; in basso, Asterione. Forse fui io a creare le stelle e il sole e questa enorme casa, ma non me ne ricordo.
Il meccanismo del gioco è semplice: ogni partecipante deve assumere un ruolo, immedesimarsi con un personaggio di un mondo prescientifico, dominato dalla magia e dall’arcano, popolato di creature fantastiche e orribili. Uno dei giocatori, tuttavia, non partecipa al gioco dal di dentro, bensì recita la parte di Dio o del Fato o di quel che si vuole: inventa quel mondo e la sua storia, fa accadere gli incontri e le occasioni, dirige i passi dei personaggi in un equilibrio sempre instabile (e molto cattolico) tra determinismo e libero arbitrio, proponendo snodi, scelte, avventure e dilemmi che i giocatori devono affrontare forti delle caratteristiche definite dei propri personaggi.
So che mi accusano di superbia, e forse di misantropia, o di pazzia. Tali accuse (che punirò al momento giusto) sono ridicole. È vero che non esco di casa, ma è anche vero che le porte (il cui numero è infinito) restano aperte giorno e notte agli uomini e agli animali. Entri chi vuole.
Gygax, con l’uscita della prima edizione di D&D nel 1974, dettò le metaregole del gioco. Si trattava, in poche parole, di dare una struttura precisa al “giocare ai maghi e ai cavalieri”, lasciando però alla fantasia di ogni giocatore la possibilità di dare forma e anima al gioco stesso. Infatti, ogni Master (il giocatore-non giocatore) avrebbe poi sviluppato, sulla base di quelle regole, la propria subcreazione, il proprio mondo, il proprio gioco.
Ma non ho soltanto immaginato giuochi; ho anche meditato sulla casa.
D&D e Gygax ebbero un enorme successo che continua ancora oggi, anche nella traduzione un po’ traditrice dei mondi virtuali online, che moltissimo devono a quell’idea originaria. Furono anche accusati di ogni nefandezza da moralisti di vario colore: corruzione della gioventù, istigazione al neopaganesimo, ottundimento del senso della realtà, induzione al satanismo e alla violenza. Anche in questo Gygax e la sua creatura anticiparono internet.
Più volte mi sono chiesto quale smisurato orgoglio potesse a buona ragione albergare nel cuore di un uomo che, al pari della coppia Lennon-McCartney, dei fautori della rivoluzione sessuale o del barone De Coubertin, benché in modo meno universalmente riconosciuto e noto, ha contribuito così profondamente a definire modi e contenuti dell’uso del tempo libero di un’intera civiltà la quale, oltretutto, ha nel tempo libero sempre più il proprio fulcro dinamico e la propria definizione di identità. Io, almeno, fossi stato Gary Gygax sarei stato smisuratamente orgoglioso di me stesso e della mia vita, che avrei considerato molto ben spesa.
Il sole della mattina brillò sulla spada di bronzo. Non restava più traccia di sangue.
«Lo crederesti, Arianna?» disse Teseo. «Il Minotauro non s’è quasi difeso.»
Gary Gygax, che soffriva da tempo di problemi cardiovascolari, è morto martedì 4 marzo 2008 nella sua casa di Lake Geneva, nel Wisconsin.
(Le citazioni sono tutte tratte dal racconto “La casa di Asterione” di Jorge Luis Borges).