La politica, specie in campagna elettorale, semplifica. La cultura, specie quando la politica è in crisi, complica. Sicché è nella natura di queste cose doppie una modesta avventura del pensiero che forse ha senso raccontare.
Convocato a una riunione al più famoso dei loft romani che fino a quel momento avevo visto solo in televisione, sono arrivato appena qualche decina di minuti prima, come mi capita da anni, accumulando tempi morti in quantità industriale. Perso nella piazza santa Anastasia e infastidito dal circo delle televisioni in attesa che ben altri divi scendessero la ripida scala (era in corso, come appresi di lì a poco, una conferenza stampa di Veltroni) ho fatto flanella infilando il portone della chiesa che domina la piazza dandole il nome. Magari un giorno lontano si chiamerà piazza Veltroni ma per ora le cose stanno altrimenti.
Dentro, la chiesa è un chiesone. Niente di bellissimo e niente di bruttissimo. Una chiesa quasi spoglia, che sta sulle sue e non tenta seduzioni azzardate. Non vedo l’angolo delle candele e dei lumini per devozioni finalizzate. Non vedo quadrerie da frotte di turisti. Vista così, a ridosso di una imminente riunione al loft, la chiesa sembra un magazzino poco usato, niente di cui preoccuparsi. Però sulla destra c’è una grande lapide. Più grande dei manifesti elettorali doppio elefante. Mi fermo a leggere. E la cultura mi fa battere il cuore. Nella lapide si racconta in stile lapidario che della chiesa fu titolare il cardinale A. Cunha, inquisitore generale in Lusitania, attorno al 1722. Cioè precisamente negli anni di Don Giovanni quinto nella successione dei re, negli anni della costruzione del palazzo reale, e chiesa e convento di Mafra, inaugurato nel 1730. Quel convento di Mafra la cui costruzione corale da parte del popolo lusitano è uno degli architravi del testo del 1982 di José Saramago “Memorial do convento”, dove fantasia e realtà storica sono sapientemente mescolati.
Il libro di Saramago si chiude con un rogo dell’Inquisizione, un auto-da-fé, e cita direttamente il cardinale Cunha come protagonista della vita di corte di quegli anni, animati perfino da un padre Bartolomeu Lourenco de Gusmao, che progetta di vincere la gravità con una macchina per volare, detta “Passarola”; e da Domenico Scarlatti, maestro di cappella di re Giovanni quinto. Tutti personaggi reali, esattamente come il cardinale Cunha. Ai quali personaggi reali Saramago ne aggiunge altri, di sapiente invenzione: Blimunda, Baltasar Mateus Sete Sòis, sette soli, e moltissimi altri.
Sicché quando si legge su una lapide che di quella chiesa fu titolare negli anni descritti da Saramago un personaggio di quel libro, e per giunta inquisitore generale di Lusitania, di colpo si ha l’impressione di ascoltare il suono del clavicembalo di Scarlatti, ma anche dell’organo, e si ha come l’impressione che l’intero progetto di Veltroni abbia punti di contatto misteriosi ma concreti con quella tale “Passarola” che probabilmente volò davvero, e che in ogni caso Saramago fece volare grazie al magico potere della letteratura.
Messi a punto questi pensieri, si era fatta l’ora della riunione con Brutti, Livia Turco, Vita e Bettini in carne e ossa. Ho trovato posto a fatica in un gradino della salettina per riunioni, fiero di esserci come un miracolando. Ma per tutta la riunione durò l’effetto cardinal Cunha, “inquisitore generale in Lusitania”. Bastava una minima caduta di attenzione verso gli interventi (a volte ripetitivi) per vedere cardinali e monsignori e musici e streghe vaganti. Bastava un minimo di pensieri che si incartassero attorno a un luogo comune per avvertire l’odore della carne bruciata tra i mille odori fetidi della città. “Entre os mil cheiros fétidos da citade, a aragem trouxe-lhe o da carne queimada.” E dopo aver disceso la scala esterna che ormai tutti conoscono e che sembra essere lo spot del ponte verso la nuova politica (una sorta di mulino bianco fatto a scale, chi le scende e chi le sale), dopo aver messo i miei piedi per terra in piazza Sant’Anastasia, ho avuto come l’impressione di saperla più lunga di ogni altro invasato dal nuovismo che sta costruendosi una passarola tricolore la quale forse sta per prendere il volo.
Io che so che sulla piazza grava l’ombra dei roghi della Santa Inquisizione accesi in tutta la Lusitania per volontà di Dio e del cardinale Cunha, inquisitore generale e titolare per l’eternità della chiesa acquattata sullo sfondo, sorniona come un gatto di Roma.