Care amiche e cari amici, ritrovarsi qui oggi, in un momento così complesso e delicato della vita istituzionale del nostro paese, per il decennale della fondazione Italianieuropei, ha senso se questo appuntamento contribuisce a individuare una direzione di marcia che guarda oltre l’attualità della crisi politica e si pone obiettivi ambiziosi e duraturi. Percepisco e condivido la preoccupazione di queste ore. Ma io vengo dal Nord, da quei territori dove la società da tempo sembra essersi emancipata dalla politica. Vivo e lavoro a Milano, una città dove si tende a pensare che sia possibile fare a meno di politiche pubbliche, minando alla base l’idea stessa di politica e, di conseguenza, di riforma della politica. Vengo da una città dove il centrosinistra non governa più da quasi vent’anni, dopo essere stata la capitale del riformismo operoso e socialista per un lungo tratto di storia italiana. E allora, proprio in un momento così complesso e delicato per la vita istituzionale del paese e per il futuro del Partito democratico, può avere un senso raccontare perché Italianieuropei abbia deciso di aprire una sede a Milano, raccontare che cosa stiamo facendo e cosa abbiamo in programma di fare.
Milano ha visto il declino dei luoghi tradizionali dell’elaborazione culturale e politica. E tuttavia continuano a determinarsi a Milano, spontaneamente, miriadi di processi culturali innovativi. Ad esempio attorno alle decine di migliaia di giovani che frequentano le dieci università cittadine, negli studi professionali e nelle imprese, nelle nuove forme del lavoro e nei lavori nuovi. A Milano l’industria culturale e l’economia della conoscenza sono tra le voci principali del pil, la diffusione della tecnologia e del sapere tiene il ritmo delle città più avanzate del mondo. Il non profit è un settore dell’economia su cui puntano anche la finanza e l’impresa privata, e dove la solidarietà sociale si pratica attraverso centinaia di associazioni e imprese sociali in cui i cittadini prestano il loro tempo spesso gratuitamente. Il principio della sussidiarietà non è un mero concetto giuridico, ma una prassi quotidiana, in una società ricca di corpi intermedi capaci di coniugare efficienza, solidarietà e buona allocazione delle risorse.
Ci viene chiesto, da molti nostri interlocutori, di stare nella dimensione internazionale dei temi, perché dentro le relazioni globali stanno i problemi che giovani, professionisti, imprenditori avvertono ogni giorno. E dallo scarto avvertito tra la dimensione vera dei problemi e l’inadeguatezza dei meccanismi istituzionali deputati a risolverli nasce uno dei problemi più gravi del nostro sistema politico, a prescindere dal gioco delle forze politiche e delle relative alleanze.
Una fondazione di cultura politica attenta all’innovazione non poteva prescindere da Milano. Non poteva non provare a misurarsi direttamente con questi processi cercando di stare dentro quei circuiti. Per questo abbiamo aperto una sede milanese e per questo a Milano abbiamo scelto di non interpretare il ruolo di una fondazione di cultura politica come circuito di riflessione targato politicamente e segmentato attorno ai temi classici. Nella nostra città avrebbe poco senso e faticheremmo persino a creare un qualche interesse intorno al nostro lavoro. Abbiamo voluto e vogliamo creare invece un luogo aperto, funzionale a coltivare un rapporto dinamico e fecondo tra pezzi di leadership nazionali e reti locali o sovralocali di interessi. Reti esistenti, che operano nei settori dell’economia, della finanza, della cultura, della ricerca e che sono trasversali al pubblico e al privato. Reti che intercettano la politica, la mettono in tensione, pongono domande ma difficilmente trovano risposte.
Non ci interessa la retorica della capitale economica del paese. Quello che vogliamo cogliere di Milano e portarlo nell’azione quotidiana della fondazione è la straordinaria opportunità che ci offre con il suo essere città di reti e, a sua volta, nodo di reti globali. Milano ci spinge a guardare oltre, ogni volta che affrontiamo un tema che la coinvolge. E’ un punto di osservazione straordinario, direttamente collegato – attraverso migliaia di contatti quotidiani di natura economica, finanziaria, commerciale e culturale – alle principali città del mondo. Milano pone nuove sfide alla politica. Impone visione globale anche nella soluzione dei problemi locali.
Il programma attuale di lavoro della fondazione Italianieuropei di Milano è articolato su alcune aree di policy: sanità, sviluppo urbano e territoriale, ruolo dell’impresa sociale e cooperativa nell’economia, etica trasparenza ed efficienza nei meccanismi di funzionamento dell’economia e della pubblica amministrazione. Questa scelta non deve essere intesa come una chiusura settoriale e introversa, magari a carattere esclusivamente locale – milanese/lombardo – o banalmente pragmatica e incapace di segnare una necessaria riforma della politica per l’Italia. Tutt’altro: questa scelta risponde al bisogno di ricostruire senso e modi di un’azione politica radicata nella società, capace di interloquire con tutti gli attori in campo senza patire dannosi complessi di inferiorità e di sudditanza, affermando invece un’idea e una pratica pienamente pluralista. Abbiamo scelto di dialogare con tutti, senza pregiudizi e oltre gli steccati. Il nostro obiettivo è stare nei processi, essere parte dell’innovazione sociale, economica e culturale. Vogliamo intrecciare le reti e le filiere che articolano i vari campi, e costruire a nostra volta nodi, intersezioni, nuove relazioni.
Lo facciamo attraverso un marchio prestigioso, quello di Italianieuropei. I nostri interlocutori conoscono la fondazione, l’apprezzano per la serietà e l’autorevolezza, per l’apertura – a partire dal suo momento fondativo, nella seconda metà degli anni 90 – verso le più coraggiose istanze di riforma delle istituzioni, dell’economia, del mercato del lavoro, del fisco, della pubblica amministrazione, apertura che in questi dieci anni di attività ha sempre dimostrato. Aperture che non sempre sono state comprese anche nello stesso campo del centrosinistra.
E’ questo stesso spirito che ci impone, oggi a Milano, di reinterpretare, nel profondo, le relazioni tra società, interessi e politica. E’ diffusa, a destra come a sinistra, un’idea neocorporativa e illiberale del modo di intendere questo intreccio. Noi abbiamo scelto di lavorare in una prospettiva autenticamente pluralista, liberal-socialista potremmo dire per usare una categoria classica, per la quale però non è più sufficiente evocare la complessità e il pluralismo sociale, ma occorre sperimentare livelli più avanzati di governo e regolazione sociale dello sviluppo: sono cambiati molti fattori, sociali-economici-culturali, e la politica deve di conseguenza mettere a punto nuovi strumenti per immaginare un’azione efficace di governo dei processi. Competenza e conoscenza, innovazione e capacità di visione sono ingredienti che la politica deve riprendersi, per tornare a esercitare il governo, l’amministrazione, al livello che le compete e che molti nel nostro paese non vorrebbero si riprendesse. Il Partito democratico può rappresentare la risposta, se saprà dare corpo a quella profonda innovazione culturale, di metodo e di azione, che la società richiede. Prima di tutto liberando la politica da steccati e pregiudizi, e privilegiando l’interesse generale del paese. Le fondazioni di cultura politica, quale è e vuole continuare ad essere Italianieuropei, possono dare una mano a costruire elaborazioni all’altezza della sfida e reti e conoscenze utili al comportamento della politica. Per questo progetto, anche a Milano, Italianieuropei è già al lavoro.
- Intervento pronunciato sabato 26 gennaio 2008, all’auditorium del Massimo a Roma, per il decennale della fondazione Italianieuropei.