A sedici anni avremmo già potuto sapere tutto. Distinguere gli uomini dai mascalzoni, saper ricondurre alla ragione i Peter Pan, i Tarzan alla civiltà e rinfrescare il corredo. Se, invece, proprio a quell’età abbiamo cominciato a sbattere ripetutamente la testa contro il muro – più o meno metaforicamente – è per mancanza di applicazione: evidentemente non siamo in grado di riconoscere i pilastri di una sana formazione neanche quando ce li troviamo davanti agli occhi. Tutte quelle notti insonni, i tradimenti e gli abbandoni, una vita amorosa che, al largo dei trent’anni, sembra impossibile da dirimere: è soltanto colpa nostra. A saper leggere con attenzione, infatti, le regole indispensabili per riconoscere, conquistare e alfin sposare – o legare a sé con qualsivoglia patto di convivenza – l’uomo dei propri sogni risultano spiegate nell’opera omnia di Jane Austen. Nel dettaglio e con dovizia di “case history”, come si conviene. Niente panico, però, se di “Orgoglio e Pregiudizio” non riusciamo a ricordare che la camicia bagnata di Colin Firth – l’arrogante Fitzwilliam Darcy televisivo. Un grazioso libretto giunge in provvido soccorso: si intitola “Jane Austen’s Guide to Dating” ed è così sbarazzino, da fuori, da lasciarsi credere l’ennesimo romanzo per pollastre. La valutazione, neanche a dirlo, è superficiale.
L’autrice – Lauren Henderson, scrittrice inglese che vive a New York e soffre molto i rituali di appuntamento indigeni – appare da subito seriamente intenzionata a farci recuperare i crediti della nostra educazione sentimentale. Il metodo consiste in una minuziosa autopsia delle principali storie d’amore nei romanzi della Signora Austen, così da isolare i comportamenti assennati e condannare senza scampo gli errori marchiani. Principale modello di riferimento è (quella gran culo di) Miss Elizabeth Bennet. “Bettina”, per certa traduzione italiana, è una signorina vivace e giudiziosa, di origini modeste e ambizioni concrete, che infine impalma l’aristocratico Mr. Darcy. Non certo un pratico scendiletto come l’altra pretendente, la zelante Miss Bingley. Vince perché è creatura sensibile ma dalla battuta pronta, audace ma non troppo. Per nessuna ragione Lizzy arriva a essere davvero pungente. In ogni caso, mai quanto Emma, protagonista – assai più divertente – del romanzo omonimo. Dal paragone tra le due eroine si deduce la massima, catalogata alla voce “Cose Da Non Fare Mai”: abbandonate quell’aria da acide comari e, quando vi sembri poco opportuno scherzare, mantenete un decoroso contegno. Altre perle sgranate lungo il percorso sono: “non lasciatevi abbindolare dalle lusinghe di risaputi casanova”, “siate spontanee” e “i soldi non fanno la felicità”. Se cominciate a sentire nell’aria il profumo del minestrone che preparava vostra nonna, avete colto in pieno lo spirito della trattazione.
Per non correre il rischio di essere fraintesa, nell’elaborazione di questi fondamentali concetti, Henderson si avvale di esemplificative esperienze di vita vissuta. Ne riporta a dozzine – alcune francamente devastanti – ma c’è da capirla: non può avere eccessiva fiducia nelle sue volenterose lettrici. Dopotutto sono le stesse che, lasciate da sole, da quelle vicende illuminanti non avevano imparato granché. Così, alla fine dei dieci capitoli, propone un test per individuare quali personaggi della galleria di Jane Austen si avvicinino di più al nostro carattere e a quello dell’oggetto del nostro desiderio. I risultati, intersecati in un grafico di compatibilità, misurano le reali possibilità di riuscita di una relazione. Non si hanno più scuse: se continueremo a sbattere la testa contro i soliti muri, sarà soltanto per deprecabile ostinazione. Anche se, nei profili a disposizione, manca proprio Emma: brillante, volubile, manipolatrice, pasticciona e un po’ snob. In fin dei conti, forse questa Lauren Henderson un po’ ci sottovaluta.