Ed ecco: vi scrivo un articolo per Left Wing in diretta streaming. Cioè, non è che voi mi vediate mentre batto sui tasti le cose che state leggendo, ma provo a fare lo streaming di ciò che scrivo proprio adesso, così che se siete arrivati alla -o di «adesso» proprio ora, vi trovate al punto esatto in cui mi trovo io mentre scrivo la -o di «adesso», senza lasciare che nessun pensiero rimanga indietro rispetto a ciò che scrivo: non rileggo e non controllo la punteggiatura, e anzi non vedo l’ora di mettere un punto fermo da qualche parte per riprendere fiato, e forse è il caso di metterlo proprio qui, adesso: «.». (ops, me n’è scappato un altro!). E un altro ancora. E ancora!
Ricomincio, forse è meglio, ma sempre in presa diretta, senza cancellature: non ho mica cambiato idea, non vorrei deludere il cittadino cinque stelle che passasse di qui, né vorrei che pensasse che sto imbrogliando, solo perché non ho acceso la webcam che mi sorprenda e colga nell’imbarazzo di scrivere mentre vengo ripreso, così che si veda che quel che scrivo è proprio quello che voi leggete, uno actu, e niente che mi sia riservato per me, nessun arrière-pensée, nessuna riservatezza, neanche una correzione, addio brogliacci e scartafacci, che il dio della filologia mi strafulmini, ma non è mica il tempo di quella roba polverosa e così poco immediata che è lo studio, la variantistica, l’ecdotica, o come si chiamava. Al macero! Insomma io l’articolo lo sto facendo veramente proprio così come viene, cioè come piace a loro, ai grillini: in streaming, tutto in chiaro e alla luce del sole, che magari avrei anche potuto stendere qualche appunto preparatorio prima di mettermi all’opera, non è che non vi abbia pensato, ma poi mi sono detto che allora qualcuno mi avrebbe potuto chiedere «perché non hai svolto in streaming, come un unico flusso, anche gli appunti?», e allora il problema si sarebbe ripresentato, e dunque tanto vale che faccia tutto qui, davanti a voi, in diretta. Che è quello che sto effettivamente facendo, e mi accorgo che quello che è detto è detto, pace all’anima sua, perché se lo cancellassi tradirei il principio, che tutto deve andare in diretta. E non solo: perché viene sì visto oppure letto ma viene anche registrato, sicché non si può fare come se non fosse fatto, ormai c’è la prova, c’è la documentazione, c’è la registrazione, e allora devo stare bene attento, non sia mai mi venisse in mente qualche pensiero indecente che finisse inavvertitamente sulla pagina, come certe dichiarazioni che scappano a Crimi e che però lui smentisce, ma chissà se valgono lo stesso perché le aveva pur sempre rese e c’è la prova, anche se lui si incazza e manda i giornalisti a quel paese e dice che hanno estrapolato, e voglio vedere che non estrapolino e siano costretti pure loro a scrivere sui giornali mettendoci tutto parola per parola così come passano veloci nella mente di Crimi, o come in questo articolo, che, mi rendo conto, è meglio se mi prendo una pausa di riflessione e faccio un grosso respiro, così come sto facendo adesso, meglio che buttare lì una frase stupida e non potermela più rimangiare perché ormai è detta, è scritta, è registrata. E certo, ora vedete che ho respirato e pensato anche un po’, perché vi dico che ha ragione Walter Siti, lo scrittore, che ha messo un po’ il naso dentro Facebook, nei social network, in tutte quelle cose che gli sembrano una gigantesca traduzione in forma scritta di pensieri che di solito affidiamo a una forma parlata, estemporanea, che per fortuna non lascia tracce, invece in streaming le lascia, per iscritto o davanti alle telecamere le lascia, e poi c’è il podcast, poi magari ve le scaricate o le copincollate da qualche parte, e allora sono fregato, e siccome Siti è uno scrittore ha ragione di preoccuparsi dell’inevitabile sciatteria di tutte queste parole inutili che finiscono su carta, o su un supporto scritto, davanti a un occhio elettronico che le registra, col duplice risultato che le banalità vengono immortalate, e le cose serie uno non le dice per timore di banalizzarle.
Che è un po’ quello che è successo coi grillini (qui un nuovo capoverso ci stava, l’ho pensato e ve lo scrivo, sia pure tra parentesi), che forse i grillini hanno creduto di dire cose intelligenti nell’incontro con Bersani, il quale pure lui, poveretto, che s’è dovuto prestare a questa corvée, a questa profanazione indecente della parola, e non solo della parola ma pure delle istituzioni, della politica, di tutto, ma insomma l’hanno voluta loro, i grillini, che, vi stavo dicendo, di cose interessanti non ne hanno detta neanche mezza, e come avrebbero potuto, salvo forse quelle che dovevano essersi preparate prima, e mandate a memoria per non fare brutta figura, avendo quindi già deciso cosa dire, perché mica potevano decidere davvero in streaming, lì per lì, su quelle scomode seggiole e davanti a una scrivania (che io mi ero figurata rotonda, sicché l’unica cosa interessante della diretta di oggi m’è parsa, lo ammetto, la scrivania rettangolare invece che rotonda, e gli altri seduti dietro, manco fosse un matrimonio di rito civile, perché così sembrava). Ma insomma è chiaro che non potevano discutere e decidere davvero, figuriamoci, dovevano solo eseguire il mandato ricevuto, così che il colloquio la diretta streaming l’ha ammazzato, altro che riprenderlo, come sa chiunque si occupi di pragmatica della comunicazione e vi può spiegare che così, con la telecamera, non avete solo tolto la riservatezza necessaria a queste cose, e già è grave, ma avete proprio stravolto la natura del colloquio, alterandone il contesto, la situazione, i modi della presenza, la presentazione come rappresentazione, col risultato che avete meccanizzato tutto, ingessato tutto, messo tutti in un certo imbarazzo, l’esatto contrario di un colloquio autentico, vivente, per cui avete voglia a dire che la diretta vi riporta le cose come sono, nella loro verità: le cose non sono affatto così come le avete viste, non sono mica così rigide, così imparaticce, perché nessuno me lo toglie dalla testa che non è saltato fuori niente che non fosse già previsto, mentre in un colloquio reale, in una conversazione reale, di cose non previste ne vengono fuori, per forza, magari futili e non indispensabili ma vengono, si conversa per quello, ci si consulta per quello, mentre lì niente, niente, manco – vi assicuro – il retroscena svelato, perché figuratevi se un retroscena è così furbacchione da lasciarsi svelare da una telecamerina messa lì dal probo cittadino a cinque stelle, e non retrocede invece dietro un’altra quinta, dietro un altro fondale, in un’altra stanza, com’è vero che in altre stanze, ben chiuse e al riparo da qualunque streaming gli stessi grillini si dicono le cose che si devono dire e che si devono tenere per sé. Oppure avete mai visto lo streaming di una riunione fra i due capogruppo o portavoce o come si vogliono far chiamare e il capo o megafono o qualunque cosa sia, cioè Grillo, e Casaleggio, che mi vergogno a dire che sarebbe l’anima nera del movimento, ma certo, se non è nera, di sicuro è ben celata, e allora come la mettiamo con la trasparenza? Come la metto io che vi sto svelando in maniera così trasparente i miei pensieri, proprio come vengono, senza impaludarli in nessuna forma? No, Casaleggio quando parlotta con Grillo non l’avete visto, e vorrei ben vedere.
Cioè no, manco lo voglio vedere, e in fondo chi se ne frega se mai lo si vedrà o non lo si vedrà, così come a voi in fondo frega poco, mi auguro, se davvero questa roba l’ho scritta così, senza mai premere il tasto cancella, e però se non mi credete la prossima volta lo faccio davvero con la webcam sulla spalla, la webcam come una scimmia, perché io, cittadino opinionista, non voglio essere da meno del cittadino grillino, e verrà il giorno che metteremo le telecamere dappertutto, pure nel cesso di Montecitorio le metteremo, perché sennò i deputati vanno lì di nascosto a fare le trattative, gli inciuci, e gli inciuci sono il male, la politica è il male, e se voi non mi credete pure voi siete il male, mentre io almeno ho fatto il mio esercizio di purificazione, ho buttato nel cesso (di casa, non quello di Montecitorio, perché io non faccio parte della casta) ho buttato via la forma giornalistica, non sono mica sceso a compromessi, mi sono mondato di ogni lordura, ho pensato in diretta per voi, ho denudato pure il mio cervello, e così sono diventato bravo che neanche la cura Ludovico, e buono, e puro, e vero, quant’è vero che proprio così si scrive, si pensa, si vive.
O no? (però lo ammetto, la domanda finale la tenevo preparata da prima).