La scorsa settimana, apertasi con l’incoronazione di Prodi alle primarie e conclusasi con la partecipazione di Fassino a C’è posta per te non prima di essere passata attraverso Celentano, ha mostrato con chiarezza quale sia l’unica possibile strategia per riuscire a vincere le elezioni in Italia: rifare la Dc. Pare se ne siano accorti in pochi. In quell’infinitesima porzione del “popolo della sinistra” con la quale ho commercio le reazioni prevalenti ai fatti sopra menzionati sono andate esattamente nella direzione opposta. Grande esperienza le primarie, si è perlopiù detto e scritto, peccato per quel Prodi, democristiano nemmeno troppo ex, scelto con convinzione ma senza eccessivo trasporto o subìto con malcelata riluttanza quale unico plausibile avversario opponibile a Berlusconi; ottima cosa i contenuti politici forti di RockPolitik su libertà di stampa e censura, peccato che ci sia voluto proprio l’insopportabile programma del Molleggiato, certo non un campione della sinistra e del pensiero progressista; grande stima per Fassino, brava e onesta persona, però peccato per questa indecorosa caduta di stile, che va benissimo da Floris, va bene da Mentana, passi pure da Vespa, ma da Maria De Filippi in Costanzo, sacerdotessa della trash-tv oltretutto targata Mediaset, proprio non ci sarebbe dovuto andare.
E non hanno capito granché di quel che è successo nemmeno a destra: la Santanchè, per dirne una, intervistata da Daria Bignardi venerdì sera ha ringraziato Celentano e co. per avere fatto, ha sostenuto, un regalo al centrodestra. Patetica, come l’orchestrina sul Titanic.
Una che ha capito tutto, invece, è Guia Soncini: “Hanno ragione loro”, ha scritto sabato sul Foglio a proposito di Freccero, Cugia e Celentano, capaci di mettere insieme una trasmissione giudicata inguardabile da gran parte dei commentatori (Soncini compresa) e tuttavia (o proprio per questo) guardata da milioni e milioni di persone, dall’inizio alla fine, senza sostanziali cadute dello share da finale di Campionato del mondo di calcio (con l’Italia in campo).
Estendendo il concetto: hanno ragione loro. Loro, in questo caso, sarebbero i leader del centrosinistra. Hanno ragione a democristianizzarsi, cioè a rendersi appetibili al popolo italiano, a rendersi quanto più possibile nazionalpopolari (nel caso di Prodi il verbo “rendersi” è fin eccessivo, essendolo egli in essenza, sia democristiano che, per quanto a lui possa spiacere, nazionalpopolare). C’è bisogno di ricordare che il popolo italiano non è quello che legge MicroMega e nemmeno, è triste ma va detto, quello che va a votare alle primarie? Che il popolo italiano, piuttosto, è quello che guarda l’Isola dei famosi e attende Celentano e i suoi programmi come fossero la cometa di Halley? Che la gran parte del pubblico televisivo giovedì sera ha visto il ritorno di Santoro e ha sentito argomenti antiberlusconiani non perché lo volesse o attendesse la cosa in sé, ma perché aspettava e desiderava la sua dose di Celentano?
Ciò detto, rifare la Dc è la via, l’unica, per la vittoria. La quale, andando avanti così, giungerà immancabile (è un vaticinio, certo, e a ‘sto punto persino un augurio). Ovviamente, la strategia ha un costo: la rinuncia a tutte le ciance sulla superiorità antropologica, sull’avere ragione anche quando – o proprio perché – si è in minoranza, sulla necessità di “dire qualcosa di sinistra”. Si vuole essere maggioranza? Si vuole governare il paese? Si vada da Maria De Filippi. Si sopporti il frullatore-Celentano. Ciò che ne uscirà sarà un pappone apparentemente indigesto, ma in realtà estremamente nutriente. Quel che più conta, lo mangeranno tutti. Se non tutti, molti. O almeno i più. Quelli che, in democrazia, servono per vincere.
P.S. Massimo D’Alema aveva capito tutto già un lustro fa, quando era andato in prima serata da Morandi (uno, il Morandi, che hai voglia a dire che è sempre stato a sinistra, prova a chiederlo a un ragazzo del ’77 dove e per che cosa l’avrebbe volentieri appeso, il Morandi). Sono sicuro che nella mente di D’Alema “un paese normale” è anche, se non soprattutto, un paese nel quale un leader politico del centrosinistra va in tv a cantare con Morandi o con chi per esso di fronte a qualche milionata di spettatori. Il problema, allora, fu l’acutezza del cervello di D’Alema, cui il corpo non riuscì a star dietro. Infatti da Morandi ci andò, ma poi se ne restò là un po’ impacciato e imbarazzato, a canticchiare a mezza bocca C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones. Il risultato: cinque anni regalati a Berlusconi.