Vinta la battaglia di Twickenham una settimana fa, gli All Blacks hanno diligentemente risolto la pratica Scozia completando uno storico grande slam e confermandosi la squadra da battere nel rugby mondiale. Questo è il primo, ma forse il più scontato, dei verdetti espressi dai test match di novembre che nel complesso hanno riportato, dopo una stagione di sconvolgimenti, una scala di valori piuttosto tradizionale, con una significativa eccezione.
Il primo ritorno alla normalità è quello dell’Inghilterra, che dopo mesi di incertezze (e di sfortune) torna ad essere un contender, i bianchi hanno trovato una nuova fisionomia di squadra perfettamente ancorata alla propria tradizione: mischia pesante e organizzata, possesso solido, poca fantasia. Anche la Francia, che conclude il mese con una significativa vittoria a Parigi contro gli Springboks, vede aumentare le proprie quotazioni in virtù di un gioco davvero spettacolare e fantasioso, perfettamente impersonato dal giovane terza linea Yannick Nyanga, e di un ampio bacino di giocatori a cui attingere per quasi tutti i ruoli. Proprio la sconfitta contro i transalpini conferma le virtù e i limiti del Sud Africa. Il pacchetto è forse il più forte del mondo sul piano meramente fisico – da scintille un eventuale confronto con quello inglese – dominante in mischia chiusa e in touche, ma la quadra soffre gli avversari rapidi e poco schematici, e ha qualche problema a sostituire i titolari in alcuni ruoli chiave. Irlanda e Galles, le sorprese celtiche della scorsa stagione, appaiono leggermente ridimensionate in vista del prossimo Sei nazioni, in particolare l’Irlanda senza O’Driscoll manca dell’uomo in grado di rovesciare le situazioni in campo. L’eccezione menzionata in apertura è rappresentata dall’Australia, nuova grande malata del rugby, che conclude il suo tour autunnale con una sola vittoria facendo suonare campane a morto per il coach Eddie Jones.
Quanto all’Italia, ha vinto facilmente il primo test match con Tonga, nel quale l’apertura Pez ha mostrato una buona precisione al piede. La seconda gara contro l’ostica Argentina ha però fatto riemergere i difetti caratteriali degli azzurri, non abituati a tenere ottanta minuti contro le squadre di vertice. Il successo nell’ultimo test match contro le Fiji, certamente condizionate più dell’Italia dal campo innevato di Monza, non ha permesso di valutare a fondo il livello raggiunto dagli uomini di Berbizier. L’impressione è che in vista del prossimo Sei nazioni ci sia ancora del lavoro da fare per potersi togliere qualche soddisfazione. L’appuntamento è comunque fissato per sabato 4 febbraio, con Inghilterra e Francia in prima fila per riprendersi lo scettro europeo.