King Kong è stata l’ossessione di Peter Jackson, fin da quando, ragazzino, se ne innamorò perdutamente. Ogni regista ha dentro di sé il film-da-girare-a-tutti-i-costi e prima o poi, di solito, ci riesce. Dopo il grottesco e divertente “Bad Taste”, il neozelandese dichiarò di voler fare il remake di King Kong. Girò lo stralunato “Meet the Feebles”, una specie di Muppet Show violento e tossico, per mettere da parte i quattrini per l’impresa. Non gli andò come sperava e allora ne approfittò per realizzare “Braindead”, senza alcun dubbio il film più splatter della storia. Si parla ancora di King Kong ma i produttori non sono convinti, nessuno vuole rischiare: come fidarsi di uno con una filmografia così allucinata? Peter Jackson li mette a tacere andando a vincere il Leone d’Argento a Venezia con “Creature del cielo” (e lanciando nel contempo Kate Winslet). Sembra essere il momento buono, ma molte porte gli vengono ancora chiuse in faccia. Si mette a girare “The Frighteners”, modesto ma delizioso filmetto quasi a voler dimostrare che con gli effetti speciali digitali ci sa fare. Ribussa a porte che rimangono chiuse e si imbarca nella realizzazione del titanico “Il Signore degli anelli”. Sbanca il botteghino, incanta i critici e il pubblico, domina una notte degli Oscar. Vince la sua scommessa e dichiara: adesso faccio King Kong. Nessuno osa dirgli di no, questa volta.
Carl Denham, un contenuto e bravissimo Jack Black, è l’alter ego del regista neozelandese: è una terribile ossessione, la sua. Si imbarca in un viaggio per mare alla ricerca dell’Isola del Teschio per girare un film che incanti il mondo. Con la cinepresa sempre sotto il braccio riprende tutto quello che gli capita sotto gli occhi in un crescendo di follia, fino ad arrivare al punto di voler catturare la Bestia. Catturarla, possederla, dominarla. “E’ nel sottotesto”, rivela a un certo punto del film il personaggio interpretato da Adrien Brody, dandoci una delle chiavi di lettura della pellicola. Parallela a quella del film corre infatti la storia di Peter Jackson: il suo delirio, le sue paure, la sua fissazione per King Kong.
Il film è bellissimo ancorché imperfetto, ma ogni inquadratura gronda amore per il Cinema. King Kong è una delizia per lo sguardo e ci riporta a quando eravamo bambini e guardavamo il mondo con gli occhi spalancati e avidi. E’ Magia. Con il fiato sospeso e affascinati dai personaggi e dalla storia siamo disposti a perdonare tutto: qualche pausa di troppo e sequenze d’azione iperboliche. Applaudiamo a scena aperta quando King Kong, con una mano sola, combatte contro tre tirannosauri. Li prende a cartoni in faccia. E l’adrenalina sale. Naomi Watts striscia nel fango in vestaglia e non facciamo fatica a capire il motivo per cui lo scimmione se ne invaghisca.
King Kong è semplicemente una delle più belle storie d’amore mai scritte. I lacrimoni fanno capolino e non potremo mai ringraziare abbastanza Peter Jackson per aver voluto fare questo film. Grazie per averci riportato bambini, per averci emozionato, per averci fatto di nuovo sognare al cinema.