Se sei una bambina cecoslovacca, i tuoi genitori sono entrambi tennisti e ti chiami Martina, non puoi che essere una predestinata. E Martina Hingis ha fatto ben poco per smentire le previsioni. La storia del tennis femminile dei secondi anni Novanta è costellata dai record di precocità della tennista di Košice: la più giovane ad aver vinto un torneo dello Slam da juniores, la più giovane vincitrice di Wimbledon (anche se in doppio), la più giovane vincitrice di uno Slam nel XX secolo (l’Australian Open 1997). Non fra le giocatrici più potenti, Hingis compensava questa sua lacuna con un grande senso tattico e con un’abilità sotto rete inusuale per i nostri tempi, abituati a lunghi scambi da fondo campo persino sulla superficie “di volo” per antonomasia, l’erba. Sembrerebbe il ritratto di una beniamina delle folle, ma in realtà non è mai stata particolarmente amata dal pubblico, che le rimprovera una certa aria di spocchia e superiorità. Esempio paradigmatico è la finale del Roland Garros 1999: la diciannovenne Hingis è a tre punti dalla vittoria contro l’anziana Steffi Graf, in una delle ultime apparizioni in carriera. Vedendo il successo sfuggirle di mano, a Martina saltano i nervi, fra racchette sfasciate e improperi degni del miglior McEnroe. Il pubblico le si rivolta letteralmente contro e il match si chiude con una Hingis sconfitta, in preda a crisi di pianto e seppellita dai fischi. Successivamente, una lunga serie di infortuni alle caviglie ne compromette la continuità di rendimento. Dopo un’altra partita gettata al vento per colpa della scarsa tenuta psicologica (finale degli Australian Open 2002, Jennifer Capriati la rimontò da 4-6 0-4 salvando quattro match point), nel 2003 arriva l’annuncio del ritiro, a soli 22 anni ma con un palmares da veterana.
Nello scorso novembre, però, una notizia imprevista scuote il sonnolento mondo del tennis femminile: il ritorno di Martina Hingis sul tour WTA. “Mi sono goduta il mio periodo lontano dai campi, ma mi manca la competizione ad alto livello e voglio vedere se riesco a essere competitiva con le più forti giocatrici attuali”. Ci aveva già provato nel febbraio 2005 in un torneo thailandese, ma dopo una netta sconfitta al primo turno sembrava si fosse trattato solo di una scappatella. Invece a Gold Coast, tradizionale appuntamento di preparazione agli Open d’Australia, si è rivista in campo una vera tennista. Ha sconfitto avversarie di discreto livello come la venezuelana Vento, la ceca Koukalova e la spagnola Llagostera Vives, uscendo sconfitta solo in semifinale dalla nostra Flavia Pennetta (che grazie a questo risultato è entrata fra le prime venti giocatrici del mondo). Dopo quasi tre anni di stop, una campionessa decide di rimettersi in pista. E chissà che, sulla scia di altri ritorni eccellenti (come quello della già citata Capriati) e approfittando della mediocrità del panorama attuale del circuito femminile, non possa riproporsi ad alti livelli, inseguendo magari l’unico Slam che ancora manca alla sua collezione, il Roland Garros.