Sulle nozze gay il Pd deve dire cosa vuole

In questi giorni di inizio autunno pare che insieme all’influenza sia arrivata anche la paranoia generalizzata sui diritti LGBT. Ora io non so a cosa sia dovuta, ma inizia a essere preoccupante. Come ben sappiamo non tutti i mali vengono per nuocere e quindi potremmo approfittare di questa improvvisa influenza omofoba per fare qualcosa di buono, non dico un vaccino, ma almeno un analgesico.

Prima di tutto dobbiamo chiarire un paio di punti che troppo spesso vengono ipocritamente omessi. Primo punto: il Pd, a prescindere dal segretario che lo ha guidato, non ha mai fatto una discussione organica e seria sul matrimonio per tutti e non ha mai preso una posizione politica unitaria sul tema. Ogni volta c’erano veti e mal di pancia (sia da parte di ex margherita che di ex ds) che hanno fatto sì che la posizione ufficiale del partito non esistesse, ma ci fossero solo prese di posizione di singoli che parlavano a titolo personale. Gli unici che hanno preso da sempre una posizione chiara a favore dei matrimoni per tutti sono stati i Giovani democratici, purtroppo nonostante i continui richiami ai giovani nel Pd, mai ascoltati.

Secondo punto: le “sentinelle in piedi” manifestano contro la legge Scalfarotto che introduce nella legge Mancino le aggravanti di omofobia e transfobia. La legge fu approvata dalla Camera dei deputati l’anno scorso tra mille urla e polemiche, non solo da parte di esponenti conservatori, ma anche di numerose associazioni LGBT. Le polemiche di entrambe le parti vertono sullo stesso articolo, ed entrambe le parti hanno fatto le barricate contro la legge per motivi opposti. Il risultato è stato molto semplice: la legge è arenata in Senato e le responsabilità, se vogliamo essere onesti, non sono solo del legislatore, ma anche di chi ha posto veti su quella legge.

Sono contenta che oggi si sia tornati a un dialogo sereno, ma non posso non ricordare le dichiarazioni che dicevano “meglio nessuna legge che questa legge”, dichiarazioni che non venivano da frange tradizionaliste, ma da esponenti di spicco di associazioni per i diritti LGBT. In effetti adesso non abbiamo nessuna legge e abbiamo le “sentinelle in piedi”, ma non credo che sia meglio. Cerchiamo di evitare gli stessi errori e sollecitiamone la discussione in commissione al Senato ascoltando tutti ma sapendo che l’obbiettivo deve essere l’approvazione.

Fatte queste premesse possiamo discutere più serenamente del merito. Visto che parliamo sempre di coraggio e del coraggio che deve avere la sinistra, credo che anche su questo tema potremmo essere un po’ meno timidi, sapendo che non avendo noi vinto le elezioni a febbraio non abbiamo i numeri in parlamento, ma possiamo con serenità assumere una posizione politica come Partito democratico.

Oltre al riconoscimento delle coppie di fatto, che dovrebbe essere una formalità in un paese europeo, dovremmo assumere come posizione la possibilità di sposarsi per chiunque lo voglia fare, omosessuale o eterosessuale. Il motivo è semplice: siamo in uno stato laico e dobbiamo riconoscere a tutti il diritto di crearsi una famiglia, e a ognuno con chi vuole. Lo stato non può decidere con chi è lecito creare una famiglia e con chi no. L’autodeterminazione del singolo deve essere sempre tutelata. A chi è convinto che il matrimonio sia solo tra uomo e donna possiamo rispondere che nulla impedisce di sposarsi tra uomo e donna. A chi è convinto che la famiglia tradizionale sia quella di una volta, stile Mulino Bianco, ricordo che nel 2013 l’83 per cento delle violenze sulle donne è avvenuto in ambito domestico, spesso coinvolgendo anche i bambini. Pure la Mulino Bianco ha capito che è più costruttivo parlare con le galline che fingere che in casa sia sempre un paradiso, possiamo farlo anche noi.

La famiglia tradizionale ha i suoi problemi, come tutti. A chi crede che si vada a ledere il credo religioso della maggioranza degli italiani, dico che il Concordato tra stato e chiesa non prevede che le leggi dello stato si applichino alla chiesa. Insomma, la logica ci dice che è possibile, la politica ci dice che è impossibile. Visto che noi facciamo politica, credo che potremmo renderla possibile. Magari il Pd potrebbe convocare una direzione in cui discutere di questi temi, e in cui alla fine votare una presa di posizione chiara del partito. Qualunque fosse la decisione della direzione sarebbe quella di tutti, e smetteremmo di trattare questa questione come un tema “eticamente sensibile”. Non c’è nulla di “eticamente sensibile”, si tratta di decidere di riconoscere o meno un diritto, e il tema è esclusivamente politico.

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Giuditta Pini è parlamentare del Partito democratico