Non c’entra niente con Bridget Jones. Nonostante noi qui si sia partite del tutto sprovvedute e si sia cercato a lungo il filo di una trama unitaria, l’evidenza dei fatti è che si tratta di racconti brevi: tredici. Le ragazze single non parlano al plurale si contraddice dal titolo, e ci convince. Quello che fanno le ragazze single, per tradizione, è impilare scatole di scarpe su uomini sbagliati, o viceversa. Soffrono ai matrimoni altrui peggio che dal dentista e scappano dai propri, in senso più e meno figurato. Le ragazze single, ancora, bevono molto, dormono poco e hanno amiche sempre troppo magre e belle, graziosamente ricche di famiglia. Bisognerebbe scrivere un altro libro, per correttezza, sulle amiche venusiane delle ragazze single, impeccabili anche alla milionesima replica del ritornello “non gli piaci abbastanza”. Che tempra.
I raccontini di Giorgia Lovisotto girano – quale più, quale meno – tra il tentativo di giocare con le parole, distinzioni cromatiche essenziali, riferimenti “alti” che fanno un po’ secchiona e la smania à la Nick Hornby di precipitare tutto nel reale, in pagine simili a una collezione di dvd tirati a lucido. Nello specifico, però, lo scopo è nobile. Serve a descrivere tutti i sintomi dell’ostinata “sindrome da testa grossa”. Patologia ricorrente, nelle ragazze single, che deve il nome a un vecchio episodio di Friends. Quello in cui Chandler, per scongiurare un futuro all’apparenza inesorabile di vecchietto solitario e brontolone, cerca qualunque compagnia di salvataggio, salvo appigliarsi a dettagli fisici minori – “Testa grossa! Testa grossa! Testa grossa!”, appunto – per mantenere le candidate a debita distanza. È fase inevitabile nel processo di riconciliazione con l’universo, stabilisce senza equivoci il principio per cui si è single per scelta – sia pure del destino infame. Ci sono molte cose vere, e questo è di consolazione. Perché se decidiamo di galleggiare un paio d’ore sopra piccoli libri da femmine – opere prime, poi – quello che cerchiamo, in realtà, è il bollino stagionale sulla tessera del Club dei Cuori Infranti. Siamo state tutte ragazze single, persino in coppia. Per non parlare dei triangoli. E tutte, quando il mascalzone si è presentato con due ore di ritardo e fidanzata miagolante al seguito, abbiamo pensato che d’accordo, non sarà il paladino dell’amor devoto ma – sospiro – “io sono semplicemente felice di vederlo”.
C’è poi un racconto che ha un titolo disteso: “Una giornata senza vento ideale per un cocktail all’aperto o un matrimonio”. L’ossessione – essenziale, nelle ragazze single – è ancora quella delle nozze. Bruschi risvegli, scelte minime per fare “personaggio”, dialoghi che scivolano e il fulcro esatto della questione femminile: le ragazze single, a un certo punto, devono scegliere. Tra la minuscola stanza variopinta di attitudine bohémienne e il compromesso dei divani immacolati, inondati di luce come si conviene. Tra il singolare adolescenziale e un plurale spaventoso, anche senza l’asfissia di tende malamente scelte o dibattiti ore pasti sui benefici del parto naturale. Tra cappellini stupidi e bomboniere comunque atroci, l’unica soluzione è aver tenuto da parte un po’ di solitudine. E possedere armadi abbastanza capienti da conservare tutto. Le ragazze single, anche con un diamante, lo sono per sempre.