Parigi non è in alcun modo la città assediata descritta da taluni media. Non lo è per scelta, natura e necessità: perché non può esserlo; perché non può permetterselo. È, quello sì, una città ferita, addolorata, arrabbiata e consapevole – immensamente consapevole – della propria ineluttabile vulnerabilità. Più di tutto, è una città unita e solidale. Sono processi difficili da descrivere, che in una certa misura sembrano accomunare la Parigi di oggi alla New York del post 11 settembre 2001, anche se nella seconda il dispiegamento dell’apparato securitario fu da subito più esteso e, soprattutto, visibile. Città violate, Parigi oggi e New York quattordici anni orsono; e città che reagiscono con dignità, sobrietà, finanche pudore alla condizione in cui si vengono a trovare. Il dolore, quello vero, e la paura, quella reale e quotidiana, questo generano: misura; compostezza; coscienza che le parole vanno pesate e usate con attenzione… continua a leggere
(Giornale di Brescia)