Sulla funzione dialettica del denaro nella prostituzione. Il denaro compra il piacere e, nello stesso tempo, diventa espressione della vergogna. «Sapevo – diceva Casanova a proposito di una mezzana – che non avrei avuto la forza di andarmene senza darle qualcosa». Questa espressione singolare tradisce la sua conoscenza del meccanismo più nascosto della prostituzione. Nessuna ragazza deciderebbe di diventare una puttana, se dovesse contare solo sulla tariffa pattuita coi suoi clienti. Anche la loro riconoscenza, che forse aggiunge qualche altro soldo al suo guadagno, difficilmente le può apparire come una base sufficiente. Come funziona dunque il suo inconsapevole calcolo per ogni uomo? Non lo si comprende, finché si considera qui il denaro solo come un mezzo di pagamento o come un dono. Certo l’amore della puttana si compra. Ma non la vergogna del suo cliente. È tale vergogna, che per questo quarto d’ora cerca un nascondiglio e trova quello più geniale: il denaro. Per questo, molte sfumature del pagamento sono come le sfumature del gioco d’amore: lente e veloci, furtive o brutali. Che significa ciò? La ferita rossa di vergogna sul corpo della società secerne denaro e guarisce. Essa si copre di una crosta metallica. Lasciamo pure al roué il piacere a buon mercato di credersi privo di vergogna. Casanova lo sapeva bene: la sfrontatezza getta sul tavolo la prima moneta, la vergogna paga cento volte la posta per coprirla.
(Walter Benjamin, I «passages» di Parigi)
a cura di Massimo Adinolfi