Competition is referendum

A dispetto del risultato bulgaro già incassato nelle sezioni (79,1 per cento alla mozione Fassino), quello che si apre giovedì 3 febbraio sarà il più combattivo congresso nella pur breve storia dei Ds. Mentre dinanzi alla platea di Roma verrà sancito il risultato che incorona Piero Fassino segretario incontrastato del partito, in Iraq sarà ancora in corso il conteggio delle schede. Quali che siano i dati reali sull’affluenza e nonostante le inquietanti notizie su intere zone in cui i seggi non sarebbero stati nemmeno aperti, non sarà possibile nascondersi dietro un dito: gli elettori che hanno sfidato le bombe dei terroristi hanno fatto piazza pulita di molti equivoci. A cominciare dalla distinzione tra terroristi e guerriglieri, mai apparsa tanto chiaramente come in questi giorni. A votare sono andati in massa iracheni e irachene (e non sembri questo un omaggio alla retorica “di genere”) dando ragione all’Amministrazione Bush almeno su un punto: era il popolo a volere quelle elezioni e a volerle alla data prevista del 30 gennaio. Dal palco del congresso, Piero Fassino non potrà ignorarlo, né potrà ignorare che si tratta di un evento storico.
Anche per questo la vittoria schiacciante di Roma sarà per il segretario molto più dura della storica battaglia di Pesaro. Se quello fu il primo congresso nella storia dell’ex Pci in cui un segretario riuscì a vincere avendo schierati contro il capo della Cgil e il direttore dell’Unità, questo potrebbe essere il primo in cui un segretario rischi di uscirne indebolito dopo avere conquistato una maggioranza vicina all’ottanta per cento.
Il mutamento dello scenario internazionale finirà quasi certamente per acuire le tensioni interne al centrosinistra e la tenaglia tra Rutelli e Bertinotti aveva cominciato a stringersi da tempo. La Quercia potrebbe presto cominciare a scricchiolare tra l’attivismo riformista della Margherita che la sfida sul terreno del governo e l’intransigenza bertinottiana che la inchioda su quello dell’opposizione. Come si diceva una volta, del resto, competition is competition. Come può uscirne il segretario ds?
Può uscirne in un modo facile facile, nonché il solo possibile in queste condizioni, che è poi il modo in cui ne sono sempre usciti i migliori tra i suoi predecessori: occupando interamente il molto spazio che i suoi competitivi alleati gli lasciano a destra e a sinistra, piantando bene entrambe le gambe al centro del campo e difendendo la sua posizione a piè fermo. E’ questo il nuovo centro di Schroeder, la terza via di Blair e la nuova via di Zapatero, come abbiamo già avuto modo di argomentare (vedi qui). Se a chiamarlo così si rischia di spaventare qualcuno, si parli pure di nuova centralità o di centrismo togliattiano. Il risultato non cambia. Per difendere una posizione autenticamente riformista su politica internazionale, economia, informazione e via elencando, Fassino non può lanciarsi all’inseguimento di Rutelli e dell’elettorato moderato senza prima essersi assicurato che i suoi lo seguano, che la sinistra non gli volti le spalle e chieda asilo politico alla nuova Rifondazione responsabile e non violenta di Fausto Bertinotti. Ma per fare questo ha uno strumento semplicissimo, che la fortuna e il calendario gli offrono generosamente. Ancora una volta, si tratta della stessa carta giocata con successo da Zapatero e da tutti i principali leader del socialismo riformista europeo: diritti civili, pari opportunità, laicità e libertà di ricerca. L’altra faccia di quella modernizzazione che dal suo lato economico-sociale appare ai militanti ds ancora tanto ostile. I referendum sulla fecondazione assistita potrebbero trasformarsi così in un referendum sul centrosinistra, assistendo la nascita di una federazione e di una coalizione senza più ossessioni unanimistiche, decisa a misurare con il voto degli elettori i propri rapporti di forza interni e la propria linea politica. Siamo certi che ne nascerebbe un bambino più sano e più amato, perché creato da genitori più consapevoli. E non disperiamo che decidano di chiamarlo partito riformista, quando le ultime scaramucce cederanno il passo alla dura responsabilità che presto, volenti o nolenti, si troveranno davanti.