Nel Partito democratico è ricomparsa una generazione che in molti davano per sconfitta, ma che appare invece piena di idee e soprattutto di soluzioni. Dirigenti che per oltre un decennio ci hanno indicato il modello della Terza via di Blair e Clinton come unica strada possibile per una sinistra vincente e adesso sembrano sapere meglio di ogni altro che cosa serva ai giovani italiani di oggi. Statisti che evidentemente non hanno alcuna responsabilità nelle regole che caratterizzano il mondo del lavoro, nello scarso ricambio generazionale della pubblica amministrazione, nella mancanza di opportunità per ragazze e ragazzi. Tanto meno nella strada che ci ha portato dall’Ulivo al Partito democratico, che oggi propongono entusiasticamente di ripercorrere a marcia indietro.
Sono certi, e lo dichiarano con virgineo candore, che loro sì che saprebbero come riconquistare il voto dei giovani. Guardano fiduciosi ai possibili scontri sui referendum della Cgil, mentre già programmano il ritorno a un recente e non sempre glorioso passato. Nel frattempo, non disdegnerebbero un altro anno e mezzo tra i banchi del Parlamento, e pure del governo, perché allora sì che ci sarebbe l’opportunità di dare soluzione ai veri problemi del paese. Nel frattempo il mondo è cambiato, anche in conseguenza delle politiche messe in atto negli ultimi venti anni. E di un pensiero dominante che invece dovremmo ammettere di non avere mai realmente provato ad arginare.
E se si parla di quanto fatto in questi tre anni? Teste cineree e stridore di denti. Quasi che il Jobs Act non lo avesse votato nessuno, nelle file del Pd. Eppure dietro a quella legge, come a tante altre, c’è un lavoro profondo, che è stato condiviso. Un lavoro che ha permesso di cambiare in meglio, entrando nel merito, tanti provvedimenti. Per la prima volta, ad esempio, abbiamo inserito nel dibattito politico e legislativo uno spazio di riconoscibilità al lavoro autonomo (il bicameralismo paritario per la verità lo sta rallentando, ma sono fiduciosa). Di certo nessuno, almeno della mia generazione, ha mai pensato di avere raggiunto la verità ultima. Per questo si è corretto il tiro sui voucher, si è inserita la norma che vieta le dimissioni in bianco e certamente occorre ancora intervenire sull’esplosione dei licenziamenti disciplinari. Non dimentichiamo però che la cassa integrazione è ai minimi dall’inizio della crisi. Un documento del Centro studi Einaudi dice che si sono creati 900 mila posti di lavoro in due anni, e nonostante quelli persi il saldo è positivo. Questo governo non avrà certo risolto tutti i problemi dei giovani. Ha però cominciato almeno ad affrontare alcuni dei più urgenti.
A volte, a sinistra, discutiamo come se negli ultimi venti anni al governo ci fosse stata soltanto la destra. Ma mentiamo sapendo di mentire. Una parte delle regole che oggi non funzionano più le ha scritte quella classe dirigente che oggi freme per rimettersi all’opera. In questa legislatura, come Partito democratico, ci siamo presi la responsabilità di iniziare a cambiarle, e contiamo di continuare a farlo anche nella prossima, senza bisogno delle lezioni dei tanti che da decenni predicano flessibilità per i giovani e inamovibilità per se stessi.