La mutazione genetica da tempo in atto nella Casa delle Libertà è finalmente compiuta. Con l’annunciato voto “a favore di Fazio” da parte della Lega sulla riforma del risparmio (l’elegante formulazione è del ministro Maroni) si chiude un processo lungo e tormentato. Il partito del Nord, l’asse Bossi-Berlusconi che avrebbe dovuto dare tutto il potere alle partite iva non tenta nemmeno di nascondere il nuovo ordine di priorità che ne ha ispirato la svolta. La violenta crociata contro i poteri forti, la difesa dei risparmiatori contro gli interessi dei banchieri, l’assalto alla Banca d’Italia hanno fatto la stessa fine delle durissime critiche di Marco Follini sulla legge Gasparri o sulla Rai. Derubricate a vice-priorità mano a mano che i loro promotori – Tremonti e Follini – venivano promossi vice-presidenti (del partito l’uno, del Consiglio l’altro).
Al congresso dei Ds Romano Prodi ha svolto un intervento impegnativo, da futuro capo del governo, indicando linee e priorità della politica del centrosinistra prossimo venturo. Massimo D’Alema ha scandito: “Il nostro ‘meno tasse’ deve essere più salari, salari e stipendi più degni per i lavoratori italiani”. Dopo il precipitoso ritiro della Cdl dalla guerra contro il governatore il centrosinistra non può però limitarsi a esultare e proseguire per la sua strada. La fine di ogni reale ambizione rivoluzionaria del berlusconismo apre nuovi spazi, innanzi tutto a quel partito riformista che all’ultimo congresso dei Ds in tanti sono tornati a evocare. La legge sul risparmio che andrà alla Camera il 21 febbraio sarà la prima occasione per capire se l’opposizione avrà la capacità e la forza di intercettare gli elementi progressivi che pure c’erano in quello strano miscuglio di umori e interessi, calcoli e paure che hanno nutrito gli anni ruggenti del superministro Tremonti, del superalleato Bossi e del superpresidente Berlusconi. Lo si vedrà nella discussione sulla durata del mandato del governatore, sulle fusioni bancarie e sulla vigilanza antitrust. Ma anche dalla posizione che il centrosinistra prenderà sul patto di stabilità.
Se il risultato fosse l’ennesima partita giocata tutta di rimessa, sulla difensiva, probabilmente ci sarebbe da attendersi l’ennesima anomalia italiana, con la destra che chiede meno vincoli per la spesa e la sinistra a difesa del rigore di bilancio. Se davvero si intenda porre le basi per un grande partito riformista e quale sia la reale portata del progetto lo si vedrà anche in queste occasioni. Noi, almeno, speriamo di vederlo.