Il rock ama le storie tristi, genere ascesa, dannazione e caduta; ama le storie zuccherose a lieto fine, in cui l’eroe trionfa contro ogni ostacolo; e ama anche le storie del genere altare, polvere e poi di nuovo altare.
Il cinquantunenne Michael Schenker, solista exquisit della Gibson Flying V (la chitarra a forma di “v” rovesciata) è un campione dell’ultima categoria: autodidatta, talento innato, fratello minore del più celebre Rudolf (fondatore e lead guitar degli Scorpions), a soli diciassette anni si unisce al fratello in quello che diventerà uno dei gruppi di punta del kraut-rock e la strada per il paradiso sembra davvero null’altro che un dolce declivio. Ancor di più quando, durante il tour di presentazione, la strada di Michael s’incrocia con quella di un altro nascente astro hard-rock, la band che risponde al nome di U.F.O.: Schenker jr doesn’t speak english ma il suo stile è più eloquente di un corso di letteratura a Oxford e vale l’arruolamento sul campo, al posto del titolare Bernie Marsden (Bernie si rifarà unendosi agli Whitesnake, dove formerà un inossidabile e duraturo duo con l’altro axeman Mickey Moody). Da “Phenomenon” (’74) fino al live “Strangers In The Night” (’79) Schenker conferisce un’impronta irripetibile al sound degli U.F.O., portando l’astronave nella stratosfera dell’alta classifica: ma qui, il diavolo – sempre in agguato ai crocicchi della vita – esige il suo tributo. L’abuso di alcol e droghe non giova né alla salute né al carattere del giovane prodigio; liti e date saltate mettono Michael fuori dalla band per una breve rentrée negli Scorpions; “Lovedrive” ne è l’unico frutto, prima di un secondo licenziamento. L’immutata capacità gli procura un’occasione che altri sognerebbero per anni: gli Aerosmith lo chiamano per sostituire l’uscente Joe Perry. Lui arriva, prova, ringrazia e se ne va. Ha qualcosa in mente? Sì, è il Michael Schenker Group e per quattro album non è soltanto un nome in ditta: l’omonimo esordio dell’80, i successivi “Msg” (’81), “Assault Attack” (’82) e “One Night At Budokan” (’82, scatenato live) mettono a frutto le esperienze passate in un hard’n’roll tirato e scintillante. Purtroppo, è tutto: un vistoso calo d’ispirazione e i continui cambi di formazione fanno rapidamente retrocedere il gruppo dal ranking primario; fedele alla sua incostanza, Michael riesce a mancare anche l’invito rivoltogli da sua maestà demoniaca Ozzy Osbourne per rimpiazzare lo scomparso Randy Rhoads (incarico che andrà poi al southern-man Zakky Wilde). Refrattario alle svolte con la “s” maiuscola, MS prosegue per la sua strada tra album solisti, riedizioni del MSGroup, comparsate in altre band (Ratt, Contraband) e una rentrée negli U.F.O. nel ’93: un tour, un lavoro in studio (“Walk On Water”, ’95) e di nuovo goodbye. Nel 2004, un colpo d’ala: con il vocalist Davey Pattison, il bassista Gunter Nezhoda e il batterista Aynsley Dunbar realizza “The Endless Jam”, album di cover ’60 e ’70 tra le quali si muove perfettamente a proprio agio, interpretando come Hendrix comanda “Hey Joe” e spremendo sudore anche dalla retorica “A Whiter Shade Of Pale”. Ad aprile 2006 giunge il momento di celebrare i venticinque anni di attività del MSG: “Tales Of Rock And Roll” allinea il chitarrista/tastierista Wayne Findley, il batterista Pete Holmes, il bassista Rev Jones e il vocalist Jari Tiura, ma soprattutto una ritrovata voglia di divertirsi, dispiegata in ben 19 tracce perfettamente oliate, sostenute da riff trascinanti e assolo incendiari alla vecchia, sempre apprezzabile, maniera. “Dust To Dust”, “Journey Man”, “Shadow Lady” e “Rock’n’Roll” su tutte. Già in tour, il dissipatore sarà “Armed And Ready” a Milano il prossimo 30 maggio.