Se, come pare, entro il 7 luglio sarà in vigore la legge elettorale ispirata al modello tedesco, che, in buona sostanza, premia maggioritariamente i partiti quanto più riescono a diventare grandi, la politica in tv vivrà un’estate notevole. La congiunzione astrale dei cicli elettorali è infatti assolutamente straordinaria perché, ammesso che per noi si creino le condizioni per andare a votare alla fine di settembre, le urne verranno aperte in contemporanea con gli elettori tedeschi e col ricordo ancora freschissimo delle legislative francesi che si saranno svolte a fine giugno. È evidente che il voto pressoché contemporaneo, e inevitabilmente intrecciato, dei tre paesi più cospicui come popolazione e pil si presenterà come una sorta di rinascita dell’Europa nella culla dell’urna (altro che le anodine elezioni per il Parlamento europeo) rispetto alla divaricazione – da capire quanto profonda e durevole – fra continente e mondo anglosassone. Per non dire dei confini orientali, verso la Russia, e meridionali, verso l’Africa e il Medio Oriente.
Davanti a tanto ben di dio, i talk show avranno mano libera fino a quando non comincerà il periodo ufficiale di campagna elettorale, e cioè da ferragosto in poi. Sempre che le macchine redazionali si rivelino all’altezza dell’argomento, dopo anni e anni di vacanza intellettuale e di facili campagne anticasta alimentate dal giornalismo da faldone, che a petto della politica vera sta un po’ come Il Segreto rispetto a Il Trono di Spade. L’unico precedente di una simile centralità della politica in piena estate è, per quanto ricordiamo, quello del 1992, quando cominciò Mani Pulite e Guglielmi richiamò Lerner dalle ferie per lanciare Milano Italia e tallonare quotidianamente il dipanarsi della storia interna, che aveva cominciato a correre dopo la fine della guerra fredda e, conseguentemente, della Prima Repubblica.
A proposito, si dice che col proporzionale (più o meno alla tedesca) si tornerà all’instabilità partitocratica, smarrendo le virtù dei sistemi elettorali maggioritari che abbiamo sperimentato (Mattarellum e Porcellum). Ma per quanto ricordiamo, nella Prima Repubblica la legge elettorale era sì proporzionale, ma in un Paese in cui vigeva – per questioni di guerra fredda – la conventio ad excludendum verso il Pci. Per cui il vincitore, altro che la sera delle elezioni, lo si sapeva addirittura prima. E da qui discendevano i vizi partitocratici incrostati nei “governanti” e negli “opponenti”. Giusto un esempio, tanto per dire che se solo i talk show riuscissero a chiamare pane il pane e vino il vino, l’estate che li attende sarebbe veramente da leoni.