Possiamo reagire in tanti modi alla sentenza di ieri, tutti ovviamente comprensibili e legittimi. Ma il più sbagliato è quello forse più diffuso in queste ore: sostenere che si dovrebbe chiedere scusa a Roma perché Roma non è una città mafiosa. Lo dico da romano innamorato della mia città: a Roma la mafia c’è. Ed è forte e radicata.
Basta fare una passeggiata in centro e contare i ristoranti sequestrati perché controllati dalla mafia. Basta passeggiare nei tanti quartieri in cui le piazze di spaccio sono gestite professionalmente, con tanto di vedette sui tetti e controllo militare del territorio. Basta spingersi a Ostia e seguire le attività degli Spada, o andare dall’altra parte della città dove regnano i Casamonica. Basta leggere le cronache per trovare la mafia ovunque.
Ma quella di Carminati non è mafia, dice il processo. Vedremo cosa stabiliranno i prossimi gradi di giudizio, ma come scrissi mesi fa, cambia davvero poco. A Roma la mafia c’è e ha dilagato usando la corruzione come grimaldello. Oggi Roma è gestita da più clan che hanno evidentemente trovato un equilibrio tra di loro e si sono spartiti la città. A chi ha iniziato a sgominare questo sistema bisogna solo dire grazie, soprattutto se si pensa che in passato la procura di Roma era nota come il “porto delle nebbie”.
Farebbe piacere anche a me poter dire che la mafia a Roma non c’è. Ma sarebbe una bugia. Io sono orgoglioso di essere romano. Ed è proprio l’orgoglio che mi fa dire che – di fronte a quello che oggi è diventata Roma – bisogna reagire e combattere, non affidarsi a tesi di comodo. Roma non è stata umiliata da chi indaga. Roma è stata umiliata da chi l’ha soggiogata. E da chi non ha saputo impedirlo. Invertire l’ordine delle responsabilità significa continuare a tenere gli occhi chiusi.