Lettera di risposta al nostro appello
Per poter parlare della generazione dei nati tra gli anni 70 e 80 si deve necessariamente tener conto degli elementi che hanno influito sulla loro formazione sociale e culturale. È caduto il muro di Berlino, sono sopravvissuti a Drive In, hanno sofferto in diretta con Sandra Milo invocante «Ciro», ma nulla ha cambiato la vita di una generazione quanto un lancio sbagliato di un D20. E solo chi è davvero nerd sa cosa vuol dire. Partire dalla definizione è qualcosa d’imprescindibile soprattutto quando si tratta un argomento delicato dove ogni singola parola viene pesata con la precisione propria di Shylock. Il nerd è un soggetto con una spiccata propensione tecnologica, un forte interesse settoriale (videogame, fumetti, giochi di ruolo), tendenzialmente solitario e con una bassissima capacità di socializzazione. Questo concetto, che potrebbe portare a un diniego d’appartenenza a una categoria così specifica, ha sviluppato negli anni un orgoglio tale da rendere talebana l’adesione ad un mondo così chiuso. Io sono nerd, tu che non sei nerd non puoi parlare dei nerd, se stai parlando dei nerd allora per definizione non lo sei. La pietra miliare che ha segnato l’inizio della presa di coscienza di questo popolo trasversale da un punto di vista sociale, ma fortemente compatto da quello culturale, è una pellicola uscita nel lontano 1984: La rivincita dei nerds. Finalmente i nerd avevano l’investitura ufficiale. Erano liberi di mostrarsi in pubblico, erano pronti al loro “orgoglio nerd”. E da qui iniziano i problemi.
Improvvisamente una subcultura, che ha fatto del nascondersi un diktat di vita, si trova sotto i riflettori della notorietà. Il nerd non è più solo l’impacciato che costruisce mondi alternativi di guerrieri con spade e draghi, è un adolescente che ha qualcosa da dire, che della sua riservatezza ne fa un vanto e la diversità è il fondamento dell’appartenenza. Da qui inizia una sanguinosissima diaspora. Il popolo dei nerd si trova difronte un bivio da cui non potrà più tornare indietro: imboccare la lastricata strada dell’accettazione sociale e trarne gli ovvi vantaggi, oppure continuare nel dorato isolamento diventando paladino di una cultura contaminata dalle scintillanti luci di Hollywood. La pietra tombale sulla diaspora viene posta nuovamente dall’industria dell’intrattenimento: The Big Bang Theory. I nerd non solo sono affrancati dal loro nascondersi, improvvisamente diventano “cool”. Questo è troppo, è inaccettabile! La frattura è netta, il vero scontro di civiltà è in atto.
Quelli che una volta erano i compagni con cui dividere una cantina o un garage, quelli con cui si lanciavano palle di fuoco e ragnatele incantate o si viveva la tensione tipica che precede il lancio di un dado, all’improvviso negano la loro presenza a una sessione di Dungeons & Dragons per un’infausta serata al cinema. Il nerdismo diventa quindi un luogo di passaggio, non più uno stile di vita. Iniziano a fioccare in società figure di nerd che ce l’hanno fatta: da Bill Gates a Zuckerberg passando per l’immancabile Steve Jobs. Anche chi non ha avuto la fortuna, o l’intuizione che gli è valsa un successo mondiale, è riuscito spesso a trovare la propria strada perché in possesso di una rarissima capacità di focalizzazione. Il sistema di analisi della difficoltà, sviluppata in un improbabile incontro con un malefico goblin, riesce a essere trasportata al di fuori di un labirinto maledetto e applicata al mondo reale tramutandola in abilità di problem solving.
Nonostante tutto questo, anche se espulso dall’esclusivissimo club dei nerd per eccessive doti di socializzazione, chiunque sia stato un nerd in fondo al cuore rimane per sempre tale. Si commuoverà vedendo ragazzini in bicicletta che corrono a casa per giocare a un gioco di ruolo (Stranger Things), si indignerà per la serie che non rende merito ai libri (Game of Thrones) e si alzerà in piedi nel buio della sala cinematografica quando sentirà il roco respiro di Darth Vader. È tardi ormai. Lui come il sottoscritto è destinato all’esilio perché la prima regola del nerd è non parlare mai del nerd. Davvero volete sapere la seconda regola del nerd? Non dovete mai parlare del nerd!
Francesco Pocchi